L’idea di Europa delineata nel Manifesto di Ventotene si sta progressivamente infrangendo sui muri ideali e materiali in costruzione. L’Europa dell’accoglienza e della solidarietà sta cedendo il passo a una sommatoria di interessi nazionali, che derivano dall’incapacità di rispondere ad un modello economico sempre più fondato sugli interessi di pochi e sulla sofferenza di molti.

Il nazionalismo – che pure nel nostro paese rischia di affermarsi – in realtà altro non è che lo strumento per nascondere le ragioni vere delle crescenti disuguaglianze che caratterizzano il nostro tempo. L’Europa – lo stiamo dicendo da anni – deve diventare il luogo dove, oltre al denaro e alle merci, possano circolare liberamente i cittadini del mondo, modificando strutturalmente il sistema di accoglienza in auge e le normative che lo disciplinano, cominciando dal superamento dei trattati di Dublino.

Il fenomeno migratorio non può essere affrontato soltanto dal punto di vista umanitario – fatto di per sé assolutamente auspicabile e condivisibile – ma soprattutto dal punto di vista più generale del modello economico. Le migrazioni di massa sono frutto delle disuguaglianze planetarie e nazionali. Gli stessi conflitti che hanno determinato la fuga di milioni di esseri umani dai teatri di guerra hanno questa matrice. Soltanto rimuovendo le cause delle disuguaglianze il fenomeno potrà ritornare ad essere fisiologico. Le responsabilità dell’Europa sono grandi e manifeste, ma non sono le sole; ce ne sono anche dei singoli paesi, come l’Italia, che sembra aver smarrito la memoria della propria storia di emigrazione e di crocevia delle culture mediterranee.

Quello che l’attuale governo sta alimentando, dietro il paravento di un discutibile confronto con le istituzioni europee, è una forma di razzismo diffusa che fa leva sulle difficoltà crescenti di larghi strati della popolazione. E’ necessario pertanto ricordare che la nostra Costituzione pone in capo ad ogni essere umano il diritto di cittadinanza, che si compone di molti diritti che rendono la persona umana libera e consapevole.

L’opposizione ad ogni forma di razzismo deve quindi definirsi con atti concreti che partano dall’abrogazione di norme retrive, come la Bossi-Fini, e traguardino alla conquista di elementi di civiltà come lo ius soli e il diritto al voto, superando anche l’impostazione del decreto Minniti-Orlando. Consapevoli, come dicevamo, che il contrasto a questa guerra a bassa intensità contro i migranti deve necessariamente passare per la lotta alle disuguaglianze, senza distinzione di provenienza.

In questo contesto dobbiamo determinare le condizioni affinché si levino quante più voci possibili per opporci allo scempio di civiltà che l’attuale governo sta compiendo a danno dei migranti, di cui la vicenda della nave Diciotti è soltanto l’ultimo esempio. Per questi motivi riteniamo non più rinviabile la realizzazione di un’alleanza, la più ampia possibile, che faccia di Roma uno dei teatri dai quali far ripartire una lotta senza quartiere per riconquistare condizioni di umanità e di giustizia sociale adeguate ad un paese civile. Soltanto nel corso dell’ultimo anno abbiamo vissuto anche sul nostro territorio gli effetti del clima che si sta determinando: dallo sgombero di Piazza Indipendenza alla vicenda di Camping River, passando per via Scorticabove, dove ancora vivono in strada decine di rifugiati somali.

Per questi motivi vogliamo lanciare un appello a tutte le forze democratiche, per una manifestazione cittadina da tenersi a Roma ad ottobre prossimo, contro ogni forma di razzismo e xenofobia, per la giustizia sociale, senza colore e nazionalità. Una manifestazione che avvii un percorso e non lo concluda. Un percorso che porti alla costruzione di una rete territoriale permanente di tutte le soggettività attive sul territorio, in grado di ricucire il nesso fra la lotta allo sfruttamento del lavoro e alle nuove forme di schiavismo, per arrivare alla conquista di quei diritti di cittadinanza sanciti dalla nostra Costituzione, che vanno dal diritto ad un lavoro stabile e dignitoso al diritto all’abitare, passando per l’affermazione dei diritti civili e delle donne, fino alla garanzia di un reddito adeguato e alla ricostruzione di uno stato sociale che guardi ai bisogni prima che alle compatibilità e ai vincoli europei.

Come recita l’articolo 3 della Costituzione, “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Il cammino che abbiamo davanti sarà lungo e difficile, ma dobbiamo percorrerlo insieme, nella consapevolezza che i migranti e i nativi hanno un obiettivo comune da raggiungere, quello della giustizia economica, sociale e ambientale.

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