Istituti zooprofilattici, mens sana in corpore sano - di Frida Nacinovich

Senza di loro sarebbe a rischio la qualità dei nostri cibi e delle nostre bevande. Gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali, acronimo ‘Ii.Zz.Ss.’, sono un importante strumento operativo di cui dispone il Servizio sanitario nazionale per assicurare la sorveglianza epidemiologica, la ricerca sperimentale, la formazione del personale, il supporto di laboratorio e la diagnostica, nell’ambito del controllo ufficiale degli alimenti. In sostanza di tutti i cibi che arrivano sulle nostre tavole, in una panoramica di controllo dell’intera filiera di produzione e distribuzione alimentare di tutta la penisola, con un occhio particolare agli alimenti di origine animale. Sono enti di diritto pubblico, con una loro autonomia gestionale ed amministrativa.

In un paese come il nostro, che fa vanto delle sue tradizioni enogastronomiche e della qualità delle sue produzioni, pure il made in Italy alimentare continua ad essere un marchio di sicuro affidamento. Prova ne sono le lunghissime battaglie commerciali, avviate dal basso anche in sede europea, per difendere le produzioni autoctone dall’assalto di quelle nord americane, e le impennate nelle vendite di ‘prodotti nostrani’ davanti al pericolo di contagi ed epidemie. Chi non ricorda la cosiddetta ‘mucca pazza’?

Diego Cravero lavora, con una borsa di studio, all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Torino. “Gli Ii.Zz.Ss. - spiega - sono uno strumento importante nell’ambito delle analisi epidemiologiche relative agli animali, soprattutto quelli destinati al consumo alimentare. Inoltre si occupano di accertare e certificare la qualità degli alimenti”. In altre parole sono i giudici della intrinseca qualità di quello che acquistiamo al mercato, nei negozi di alimentari, nei punti vendita della grande distribuzione, e che poi cuciniamo e mangiamo nelle nostre case.

Gli Istituti Zooprofilattici garantiscono ai servizi veterinari delle Regioni e delle Asl le prestazioni e la collaborazione tecnico-scientifica necessarie per far funzionare la complessa macchina del settore agroalimentare. Inoltre, in tandem con il ministero della Salute, producono vaccini stabulogeni ed autovaccini.

Cravero vuole subito puntualizzare che la qualifica di ricercatore poco ha a che fare con quella legata alla carriera universitaria. “Più che definirmi ricercatore, preferisco dire che faccio ricerca nell’ambito della qualità alimentare”. La domanda è quasi automatica: non sarà che borsista è sinonimo di precario? Cravero sorride e specifica: “Le borse di studio sono una sorta di contratto di formazione. Il ministero della Salute, in collaborazione con le Direzioni I.R.C.C.S. e Ii.Zz.Ss. sta lavorando per stabilizzare queste figure professionali. Noi di Nidil Cgil ci battiamo proprio per questo: far diventare i borsisti dei ricercatori a tutti gli effetti”.

Sono cervelli di cui il paese ha sempre un gran bisogno, risorse preziose perché impiegabili immediatamente sul campo. “Purtroppo i concorsi per la stabilizzazione non sono frequenti. Le Regioni, alle prese con la riduzione dei fondi a disposizione, hanno progressivamente rallentato i meccanismi di entrata a tutti gli effetti nel mondo del lavoro. Anche i contratti a tempo determinato sono diventati più difficili da ottenere”.

L’Istituto Zooprofilattico Sperimentale torinese ha un bacino di utenza piuttosto esteso, che abbraccia tre regioni, il Piemonte, la Liguria e la Valle D’Aosta. “Siamo circa cinquecento, collaboriamo con le Aziende sanitarie locali per garantire appunto la sicurezza alimentare e la salute negli allevamenti”. L’orario di lavoro è quello dei ricercatori, nominalmente trentotto ore la settimana, ma in sostanza dipende dalla agenda degli impegni. “Ci sono delle scadenze da rispettare, delle urgenze a cui far fronte. Ma questa relativa autonomia è uno degli aspetti più piacevoli e intriganti del nostro lavoro”.

Cravero è arrivato a lavorare nell’Istituto piemontese da poco, nel 2017. “In precedenza ho conseguito il titolo di dottore di ricerca (Phd) con un percorso di formazione di quattro anni. Successivamente ho superato la selezione pubblica e sono entrato nella graduatoria per l’assegnazione delle borse di studio. Alla fine è arrivato il mio turno. Il dottorato di ricerca è stato un importante momento della mia formazione professionale, una bella esperienza. Anche se questo rischia di precludere la collaborazione con aziende private, tradizionalmente ‘fredde’ nei confronti dei ricercatori”. Le borse di studio vengono rinnovate con cadenza in media semestrale/annuale, ma resta comunque il dato di fatto che la buona, non di rado ottima, qualità della ricerca è una sorta di assicurazione sulla prosecuzione del rapporto di lavoro. E garantisce una relativa stabilità, obiettivo a cui non è estraneo il quotidiano lavoro del sindacato, il Nidil Cgil.

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