Gruppo Intesa Sanpaolo. Alla vigilia del confronto dopo l’operazione ex banche venete - di Claudia Fumagalli

Le difficoltà del settore del credito sono da tempo al centro del dibattito più generale sulla crisi economica. L’analisi della fase, delle sue ricadute e delle necessarie azioni per superare la recessione sono ormai patrimonio acquisito e condiviso da tutta la Cgil.

Il sistema bancario evidenzia una differenziazione molto forte al suo interno e il Gruppo Intesa Sanpaolo, forte dei dati che lo collocano tra le prime banche europee, ha contribuito, a nostro avviso, ad evitare una crisi sistemica: non a caso si ripetono le dichiarazione del management che evidenziano la tenuta occupazionale e la gestione dell’eccedenza di capacità produttiva attraverso 4.500 riconversioni professionali, senza nessuna dichiarazione di esuberi.

Sicuramente i lavoratori hanno affrontato cambiamenti importanti, a partire dalla riduzione delle filiali (da 6mila nel 2007 a 4mila attuali) e dalla nuova organizzazione del lavoro: la fatica quotidiana c’è tutta a rispondere agli input commerciali della banca. Il confronto con l’azienda si è sviluppato a partire dalle tutele occupazionali: il Gruppo è stato il vero “ammortizzatore occupazionale” attraverso le riconversioni professionali, mentre lo sviluppo della multicanalità e dei “nuovi mestieri” ha permesso nuova e buona occupazione, con le 1.098 assunzioni solo nel 2016, sostanzialmente tutte a tempo indeterminato (su circa 64mila dipendenti, solo 29 sono i tempi determinati e 101 gli apprendisti).

Abbiamo agito il confronto anche con l’idea che la rappresentanza dei nuovi mestieri debba essere al centro della nostra iniziativa sindacale. E così, con l’accordo per Intesa Sanpaolo Casa, abbiamo realizzato l’applicazione del Contratto complementare del Ccnl Credito a lavoratori provenienti dall’intermediazione immobiliare.

Con la sperimentazione negoziata del cosiddetto contratto “misto”, una modalità nella quale in capo allo stesso lavoratore si costituiscono un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e a part time e un contratto di lavoro autonomo per lo svolgimento fuori sede dell’attività di consulente finanziario, abbiamo ottenuto un importante risultato politico voluto fortemente dalla Fisac Cgil: da una parte il diritto del lavoratore di richiedere, a suo insindacabile giudizio, la trasformazione a full time dopo la sperimentazione, dall’altra l’estensione di tutele a una parte di lavoro autonomo che oggi ne è escluso.

A fine giugno è arrivato il piano di intervento del governo per le ex banche venete, dopo la dichiarazione della Bce di dissesto delle due banche e la loro liquidazione coatta amministrativa con decreto legge. Intervento che non cancella né le gravi responsabilità dei banchieri che hanno gestito in modo scellerato queste due aziende, né le colpe del governo che ha continuato a mostrare incertezza, facendo passare il tempo senza agire. A farne le spese non devono essere i lavoratori, l’economia di questi territori, i risparmiatori.

I giorni precedenti la soluzione sono stati drammatici, con la Bce che chiedeva di tagliare 3.900 posti di lavoro tra i 9.960 dipendenti delle banche venete, cioè 3mila licenziamenti certi. Bene hanno fatto le segreterie nazionali dei sindacati bancari a premere sul governo affinché ci fosse un “no” deciso alla richiesta della Bce. L’intervento di Intesa Sanpaolo ha permesso una soluzione che ha visto allargare la platea delle uscite a tutto il gruppo, salvaguardando i livelli occupazionali delle due ex banche.

Con il primo accordo di luglio abbiamo ottenuto che le circa 4mila uscite avvengano su base volontaria con l’accesso al fondo di solidarietà di settore. Ma manca ancora una soluzione per quei lavoratori il cui contratto a tempo determinato è scaduto. Ora il confronto dovrà affrontare le tutele di chi rimane, a partire dagli strumenti per contenere la mobilità. Sarà una trattativa complicata e difficile. Lo sanno i lavoratori che hanno già vissuto analoghe crisi aziendali, a partire dai colleghi ex Banco di Napoli, che hanno visto cancellare il loro contratto integrativo dall’oggi al domani, per arrivare alla ex Banca Monte Parma, dove è stata sospesa l’erogazione di alcune voci retributive aziendali.

Sarà una trattativa che partirà nelle prossime settimane e che faremo insieme ai compagni della Fisac Cgil delle ex banche venete, con le loro fondamentali competenze e conoscenze di queste realtà.

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