Al via la consultazione straordinaria degli iscritti sul nuovo Statuto di tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori. Obiettivo: dare piena attuazione ai principi costituzionali.
Nel quadro, mutato, del mondo del lavoro di oggi.
L’intervento riformatore proposto dalla Cgil con la “Carta dei diritti universali del lavoro – Nuovo statuto di tutte le lavoratrici e di tutti i lavoratori”, mette al centro programmaticamente un principio: che la Costituzione si realizza non soltanto difendendone ogni virgola, ma dando ai diritti fondamentali il ruolo che il costituzionalismo dell’ultima fase ha loro attribuito.
Il nuovo Statuto - sul cui testo la Cgil ha avviato una consultazione di tutti i suoi iscritti - si muove in un tre direzioni, a cui corrispondono altrettanti Titoli nell’articolato. La Carta è prima di tutto volta a fondare diritti dei lavoratori a portata universale (Titolo I), in gran parte configurabili come diritti sociali di cittadinanza, validi per tutti i lavoratori e per tutte le lavoratrici, indipendentemente dalla veste giuridica che assume la loro attività.
Il nuovo Statuto detta, poi, una disciplina di diritto sindacale (Titolo II), volta a dare attuazione a due fondamentali disposizioni della Costituzione: gli articoli 39 e 46. Con l’obiettivo di restituire centralità ed effettività all’azione di rappresentanza sindacale degli interessi dei lavoratori, e di definire un sistema di contrattazione ad efficacia generale.
La Carta inoltre fissa un insieme di tutele specificamente inerenti il mondo del lavoro autonomo e subordinato, destinate a soddisfare molteplici esigenze. In quest’ultimo ambito, il testo si muove verso l’equiparazione regolativa tra lavoro subordinato e collaborazioni coordinate e continuative con lavoro esclusivamente personale, e correlativamente verso la sostanziale parificazione di costi tra le due forme contrattuali. La tutela è estesa anche ai lavoratori autonomi economicamente deboli, tali essendo - ai sensi dell’articolo 42 - coloro che si obbligano a compiere un’opera o un servizio con lavoro esclusivamente proprio, e traggono il 60% o più del loro reddito annuo da rapporti con un unico committente.
Il nuovo Statuto pone la reintegrazione al centro del sistema sanzionatorio del licenziamento illegittimo (Titolo III, Capo VII), soluzione esattamente inversa a quella del jobs act. Queste regole valgono per tutti i datori di lavoro, a prescindere dal numero dei dipendenti, e in questo si supera la tradizionale divisione dei 15 dipendenti.
Quanto al licenziamento collettivo, si allarga l’area di applicazione della procedura di confronto sindacale - per le imprese con più di 10 dipendenti, contro i 15 attuali - e si introduce l’obbligo, per l’impresa che licenzia, di adottare il piano sociale sul modello francese. Novità importanti anche in tema di solidarietà negli appalti, materia su cui la Cgil ha presentato nel 2015 una proposta di legge di iniziativa popolare, con la reintroduzione del principio di parità di trattamento negli appalti in situazione di dipendenza economica.
Da questo momento si sviluppa l’iniziativa di politica sindacale della Cgil: la discussione del testo della Carta nell’organizzazione e tra i lavoratori, e quindi l’approvazione e la formale proposta di una legge di iniziativa popolare che fondi, per i ‘lavoratori del nuovo secolo’, una piattaforma di diritti sul piano individuale e collettivo, idonea a consolidare e rafforzare, nonché a garantire il rispetto soprattutto di quanto previsto, presupposto e implicato dalla Carta costituzionale e dalle Carte dei diritti sociali internazionali ed europee. Un ‘Nuovo statuto dei lavoratori’ che lasci integro quanto ancora oggi egregiamente sancito dalla legge 300 del 1970, ma che si muova anche su un piano più ampio, per fronteggiare le esigenze regolative in un’epoca di grandi e complessi cambiamenti.