Con grande merito di Atene, si apre nella Ue una nuova partita contro l’austerità.
Se un osservatore distaccato guardasse la situazione che si è creata in Europa alla luce del caso greco e poi dell’affaire Volkswagen, potrebbe trarre questa conclusione. Mentre i governi greci di centro destra e pasokkiani truccavano – neanche troppo peraltro – i conti pubblici del loro paese, con la complicità delle banche francesi e tedesche e delle istituzioni finanziarie internazionali, per fare rientrare il debito entro i limiti consentiti per l’accesso alla Unione europea; il management VW, con il beneplacito del governo tedesco, manipolava gli indicatori sulle emissioni nocive delle autovetture con motore diesel allo scopo di conquistare una fetta del mercato Usa.
Ci si potrebbe chiedere quale è la colpa più grande. Non è difficile rispondere, anche con un gioco di parole, visto che in tedesco debito e colpa hanno lo stesso termine: “schuld”. Come ha scritto qualche corrispondente, i greci se la stanno ridendo alla faccia delle disgrazie della Volkswagen. Per una volta non sono loro ad occupare le prime pagine dei giornali. Anzi la doppia immagine, quella di una Germania arcigna e severa, ma virtuosa e di una Grecia allegra e seducente, ma irresponsabile, è andata definitivamente in frantumi.
Naturalmente la condizione del nuovo governo greco rimane sempre in salita. Alexis Tsipras – in ciò distinguendosi da tutti gli altri leader europei – non ha mai nascosto che gli è stato imposto un ricatto, non ha certo detto di avere siglato un buon accordo. Non ha promesso facili riprese, anzi ha parlato di conseguenze recessive per l’economia greca, da contrastare palmo per palmo. Malgrado questo ha ottenuto il consenso a continuare a governare in modo ancora più netto. Anche se è aumentato l’astensionismo, inevitabile dopo un così frequente ricorso alle urne.
Nella situazione di isolamento internazionale della Grecia, sperare su vittorie smaglianti era privo di senso. Nella cosiddetta trattativa il governo greco si è trovato nella condizione, peggio che asimmetrica, di uno contro 18 (tutti gli altri paesi dell’euro). Né i movimenti sociali e sindacali europei hanno avuto la capacità di modificare rapporti di forza così sfavorevoli.
Tuttavia non è vero che il testo e il contesto in cui si inserisce il terzo memorandum sono peggiori di quello offerto dai creditori, e che il referendum aveva respinto a larga maggioranza. Infatti la Grecia ha ottenuto, seppure a condizioni durissime, un finanziamento di 86 miliardi di euro per tre anni, in luogo di 5 miliardi per cinque mesi, e soprattutto ha imposto che si discuterà in autunno non solo del debito greco ma del debito dei paesi europei in generale. E’ un punto rilevante, dal momento che ha spaccato il fronte avversario. Infatti il Fmi ha subito dichiarato che è necessario un taglio del valore nominale del debito greco, altrimenti irrestituibile. E i greci hanno chiesto che al tavolo sia anche presente il Parlamento europeo, unica istituzione eletta nel sistema di governance europea.
L’alternativa era accettare la Grexit proposta da Schauble. Che avrebbe significato non una fuoriuscita momentanea, ma definitiva della Grecia dall’eurozona. Cosa per cui Tsipras non aveva mandato, e che avrebbe facilitato i disegni di ridurre l’Europa a un protettorato tedesco. Né è pensabile, sulla base degli attuali trattati, di potere uscire dall’eurozona rimanendo però nella Ue. Eventualità non prevista ed assai improbabile da ottenere in sede interpretativa dei trattati stessi.
E il “piano B”? Se ne è parlato, e se ne parla. Ma non bisogna scordare ciò che lo stesso Varoufakis ha dichiarato al Corriere della Sera: “Ogni ‘piano B’ che vuole evitare l’uscita dall’euro ha in sé il problema che appena diventa noto scatena il panico, la fuga dai depositi, la chiusura delle filiali e una uscita di fatto dalla moneta unica”. Precisamente quanto Tsipras voleva evitare, perché avrebbe gettato il popolo greco in condizioni ancora peggiori.
Si apre, quindi, e con grande merito della Grecia, una nuova partita nella Ue. La Germania non è più modello inattaccabile. Le condizioni dell’economia europea continuano a peggiorare, specialmente in confronto ad altri paesi che hanno attuato politiche diverse nei confronti della crisi, come gli Usa. E’ possibile che le elezioni previste tra pochi mesi in alcuni paesi, come la Spagna, ci consegnino un quadro di forze diverse e modifichino il contesto europeo. Le organizzazioni sindacali potrebbero darsi una mossa. Insomma la Grecia ha aperto una breccia, Ma non può vincere la battaglia da sola, né per sé né per l’Europa.