Care compagne, cari compagni, care amiche e amici,
questa giornata dedicata al compagno, al dirigente CGIL, all'amico Beniamino è stata pensata e voluta da tanti e tante, ma prima di tutto dall’insieme di quel collettivo che anima ancora oggi Lavoro Società, nel suo nuovo percorso aperto dopo il congresso, di sinistra sindacale confederale.
Un collettivo al quale Beniamino faceva riferimento, e che aveva contribuito, da leader, a salvaguardare, dandogli nuova identità e valore.
Aveva fatto una scelta di campo e di valore.
I tratti della personalità umana e politica di Beniamino, uomo e sindacalista, li ritroviamo oggi nei suoi scritti e nei ricordi delle donne e degli uomini che lo hanno conosciuto e apprezzato, pubblicati sullo speciale di Sinistra Sindacale a lui dedicato.
Il 16 luglio, nella sede nazionale dello SPI, la sua categoria che gli è stata particolarmente vicina, insieme alla CGIL e a tanti dirigenti e amici e amiche gli hanno dato l'ultimo saluto.
Noi oggi gli dedichiamo questa giornata per ricordarlo senza retorica, con attenzione e rispetto verso la sua personalità. Dopo questa mia presentazione, tutti e tutte voi potrete portare il vostro personale ricordo. Come potete vedere sul suo periodico “Sinistra sindacale”, oggi trovate delle belle foto e alcuni suoi significativi interventi, oltre ai ricordi toccanti di amici, compagni e compagne, dirigenti della CGIL, a partire dal Segretario generale, la compagna Susanna Camusso - che si scusa per non poter essere qui come previsto per un impegno dell’ultimo momento - e dalla Segretaria generale dello SPI, la compagna Carla Cantone, che hanno dato pieno riconoscimento alla sua figura di dirigente.
Nella preparazione non facile di questa presentazione, mi sono stati preziosi i ricordi e gli interventi pubblicati; abbiamo realizzato uno speciale ben riuscito in tutti i sensi, realizzato grazie in particolare all'impegno dei redattori, della compagna Simona, del compagno Poldo, degli amici che hanno scritto e procurato le belle foto. E grazie alla partecipazione della sua compagna Rosanna.
Ho letto con attenzione i bei ricordi pubblicati, quelli di Jolle, di Gianna, di Paolo, di Elena, di Roberto, di Angela, di Pino, di Enza e di Susanna e di Carla, alla ricerca di conferme e di una conoscenza più profonda della personalità di Beniamino, che ho potuto conoscere e apprezzare di più solo in questi ultimi due intensi anni nei quali ci siamo sostenuti e riconosciuti nelle non facili, sofferte scelte che abbiamo dovuto compiere.
Beniamino mi aveva concesso la sua fiducia, che non era facile da ottenere, quando insieme ad altri mi indicò come referente nazionale di Lavoro Società. Leggendo i vostri ricordi ho avuto la conferma di ciò che pensavo: prima ancora di essere un apprezzato dirigente della CGIL, Beniamino era una bella persona, un riferimento e un insegnante di vita per molti, un uomo dolce e tenace. Un uomo tenero, capace di amare in modo assoluto le persone a lui vicine; ma su questo tratto del suo carattere non mi soffermo per una sorta di pudore e di rispetto nei confronti della sua vita privata.
Ho scoperto in alcuni ricordi pubblicati il giovane Beniamino che credeva in Dio, un valdese militante nella Federazione Giovanile Evangelica, dove si predicava il Vangelo nel contesto della lotta di classe.
Il fondatore, a metà degli anni ‘80 a Torino, di Democrazia Consiliare, il militante, come me, di Democrazia Proletaria. Ho scoperto il Beniamino bravo fotografo, il suonatore di chitarra e l’amante della musica, lo sportivo agile a cui piaceva la pallavolo.
Un filo comune tra gli scritti traccia il profilo, il carisma, l'umanità, la semplicità e l'idealità di un uomo riservato e dal sorriso genuino, che amava la vita sobria e il rigore morale.
Un uomo dalla personalità mite ma tenace, radicale ma saggia, sicuramente generosa e sensibile. Un compagno schietto, concreto, un militante che aveva fatto da tempo la sua scelta di campo nella sinistra sindacale e politica. Un militante affascinato dai temi sociali e con un forte senso di giustizia.
Era un sindacalista della CGIL, per lui pluralità e pluralismo erano ricchezze per un’organizzazione che non mancava di criticare anche con severità e radicalità, ma che difendeva e sentiva come la sua casa.
A Beniamino piaceva stare con gli altri e dare voce a quelle persone che ai suoi occhi apparivano più deboli, più bisognose di aiuto.
Aveva una speciale ricchezza umana e sociale, e credeva nelle persone e nell'amicizia; per questo le delusioni, le rotture e le divisioni vissute nel tempo gli hanno procurato non poche sofferenze che lui cercava di tenere nascoste.
Beniamino è rimasto un insegnante.
Nel sindacato nazionale scuola, è stato tra le altre cose protagonista della costruzione dell’innovativo progetto della Federazione dei Lavoratori della Conoscenza.
Lui aveva il pregio di riuscire a esprimere le proprie idee rispettando quelle altrui, formulava le sue radicali critiche con grande pacatezza, con autorevolezza e senza mai alzare la voce. Aveva una cultura e un approccio confederale e non particolarista, sapeva ascoltare, pensava e agiva con il senso del noi, in contrasto con l'individualismo imperante, il berlusconismo che aveva messo radici anche tra noi, con la burocratizzazione latente e l'ego spasmodico di troppi dirigenti sindacali.
Aveva senso di responsabilità e di appartenenza alla “sua” CGIL.
Critico e non tenero nei confronti dei comportamenti di certi sindacalisti e di certe deviazioni valoriali e culturali presenti nell'organizzazione a tutti i livelli.
Testardo, a volte chiuso e spigoloso, persino assillante nel rivendicare, conquistare ciò in cui credeva.
Era un dirigente della CGIL, un bravo sindacalista e un leader della sinistra sindacale collettivamente organizzata in questi lunghi anni.
La lettura oggi delle sue relazioni e dei suoi scritti confermano l’appartenenza alla CGIL, il suo tratto personale, la sua radicalità insieme alla sua serietà e il suo approccio concreto ai problemi sindacali e organizzativi.
Scriveva nella relazione all’Assemblea nazionale di Lavoro Società FLC del marzo 2011:
“ …E’ necessario fare i conti con la realtà che ci circonda, battendo il berlusconismo che ha trovato proseliti anche dentro di noi (parlo della CGIL, ma anche dell’area di casa nostra) che fa del protagonismo personale, della trasformazione della realtà, dell’uso improprio e dissennato delle risorse economiche, obiettivo e strumento del proprio agire politico. Una vera e propria malattia che va battuta, rimettendo al centro dell’agire individuale e collettivo, il senso di appartenenza ad una grande organizzazione di massa che fa della dignità delle persone, del rispetto dell’altro, dell’altro da te, della tutela dei diritti di ognuno e di tutti, il motivo della propria esistenza”. E ancora…” Accanto a questo va affrontato il tema del rinnovamento di qualità del gruppo dirigente che non è solo un problema di carattere anagrafico, ma è proprio un problema di contenuto. Su questo la nostra area è destinata, ancora una volta, a dare un contributo straordinario, sapendo che per farlo occorre recuperare una prassi di lavoro collettivo…”
E nella relazione di apertura dell’assemblea nazionale di Lavoro Società SPI CGIL, del febbraio 2013 scriveva….. “La CGIL, la sua storia, è anche la storia di una parte molto lunga della mia vita e a questa sono affezionato. All’interno della CGIL io ho sempre fatto parte delle componenti o delle aree di minoranza, e questa cosa l’ho sempre vissuta come una cosa preziosa, perché mi sono sempre sentito parte di un collettivo, le cui persone, prese singolarmente non erano meglio né peggio delle altre di maggioranza.
Ma una differenza c’era, era il collettivo, il fatto che in quella dimensione l’io era depotenziato rispetto al noi. Trovo che nel nostro sindacato di oggi, un motivo della crisi è di carattere etico e questo succede quando l’io sovrasta il noi, e nel caso del sindacato il noi non è solo il gruppo dirigente, ma sono tutti gli iscritti, sono il popolo degli oppressi. L’ego, l’egoismo, è il frutto avvelenato del berlusconismo ed è entrato in noi, e solo noi lo possiamo........Poi ancora scrive con la sua cultura valdese: “Ed egli disse: “Rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio”. ….. E’ un messaggio che scardina la cultura dell’ubbidienza, dell’adeguarsi, del conformarsi. Ecco quando ho letto il commento a questo passo del Vangelo, non ho potuto fare a meno di pensare a noi. E ho pensato a quale è oggi la nostra identità, da cosa è costituita e a quale è il nostro ruolo all’interno del sindacato, in questo caso penso allo SPI …Si avvicina il congresso, non sono in grado di prevedere cosa succederà; so di sicuro che niente sarà come prima, compreso la nostra area …..Il mio punto di riferimento è che questo gruppo, insieme ai compagni e alle compagne che oggi non sono presenti fisicamente con noi, rimanga unito e sia pronto a tenersi per mano, dando senso da subito a quel bambino che ieri abbiamo visto in fasce”... Infine in conclusione scriveva, “Io non voglio chiedere al mio segretario organizzativo di farmi il favore di sistemare tizio, piuttosto che caio o sempronio, noi dobbiamo avere l’ambizione che ci venga richiesto di assumere una responsabilità, che ci venga richiesto perché in noi c’è un valore riconosciuto. So che questo è difficile nella CGIL, io credo che sia possibile realizzarlo nello SPI”.
Non voglio aggiungere nessun commento su quanto Beniamino con speranza scriveva in merito al riconoscimento e alla costruzione dei gruppi dirigenti.
In conclusione voglio richiamare l’attenzione sullo scritto di Beniamino in ricordo di un altro caro e importante compagno e amico di strada, mio e di molti di voi: il compagno Filippo Ottone.
Nel bel ricordo che gli dedica, si legge la natura stessa di Beniamino, la sua bontà d’animo e la gentilezza che qui ho provato a descrivere attraverso i miei e i vostri ricordi; nel suo scrivere ricorda Filippo con grande affetto, con una solo apparente leggerezza. Utilizza la musica e le parole delle canzoni amate, riconosce l’amico, il maestro, l’uomo Filippo.
Penso si riconoscesse in lui, per le affinità rispetto alla musica e alla fotografia, per la moralità, l’intelligenza, la generosità, e persino per la sofferenza del dirigente sindacale e dell’uomo.
Scrive Beniamino dell’amico: ”Filippo ci ha lasciati all’età di 69 anni, quindi non più giovane nel fisico, ma giovane dentro, perché la passione e l’energia che metteva nelle cose che faceva nel suo servizio al sindacato per difendere i più deboli e reietti di questa nostra ingiusta società, sono caratteristiche proprie dei giovani …. Un percorso che ho condiviso ed in cui lui mi è stato maestro, punto di riferimento ineludibile ed amico. Un percorso in cui le sue rivendicazioni di riconoscimento politico non erano riferite a se stesso ma all’esperienza di cui faceva parte. E guardate che questa non è cosa di poco conto nella nostra organizzazione, in cui molto spesso si pensa prima a se stessi, alla propria collocazione e solo successivamente agli interessi dell’organizzazione e di coloro che questa rappresenta”.
Conclude il suo ricordo con parole tenere e generose, di amicizia e di riconoscenza che potrei usare per lui a conclusione di questo mio ricordo:
“Ecco, questo era Filippo, una persona moralmente integra, intelligente, generosa, sempre giovane dentro, felice di vivere, convinto delle scelte fatte, dei suoi amori e delle sue passioni, una persona appunto giovane dentro”….
Beniamino mi mancherà, mi manca ora in questa situazione non facile e per il ruolo che mi è stato affidato, che mi ha affidato con fiducia. Mi manca come persona e compagno leale, affidabile e rispettabile.
Ho momenti, come molti di voi, nei quali il ricordo di lui assume una forza malinconica e dolce, la stessa che mi ha accompagnato sfogliando lo speciale a lui dedicato e scrivendo questa introduzione a questa giornata in memoria di un caro compagno e amico che, con un po’ di rammarico, ho potuto apprezzare e conoscere meglio solo nell’ultima parte della sua vita. Di Benamino abbiamo sempre saputo che persona perbene fosse, ed è così che, con la stima, l’affetto e la gentilezza che merita, lo ricordiamo, con le parole già usate da qualcuno di voi: un uomo che ha insegnato a molti a credere nei sogni e a non sentirsi sognatori. Grazie Beniamino.
Grazie a tutte e a tutti voi che gli siete stati vicini e avete contribuito a realizzare questa giornata.