Il 7 dicembre, durante la Prima del Teatro alla Scala che ha aperto la stagione concertistica, dal loggione si è levato un grido: “Viva l’Italia antifascista!”. Il protagonista di questo gesto è stato uno spettatore che quella sera non è riuscito a trattenere lo sdegno che accomuna molti di noi, a causa del susseguirsi di una serie di fatti e avvenimenti politici che non cessano di turbarci.
La presenza di Ignazio La Russa seduto sul palco (quasi) accanto a Liliana Segre, in occasione di uno dei più prestigiosi eventi culturali e istituzionali italiani, è solo, in ordine di tempo, l’ultima delle offese che una Repubblica nata dall’antifascismo è costretta a subire.
L’assenza del presidente Mattarella e la presenza di La Russa aveva coerentemente indotto la Rsa e la Rls Slc Cgil e la sezione Anpi della Scala a non partecipare “ad alcun cerimoniale di saluto istituzionale rivolto a chi non ha mai condannato il fascismo, le sue guerre coloniali, l’alleanza e la sudditanza al nazismo che ha generato leggi razziali e tanto lutto e miseria al popolo italiano”. Il testo diffuso ricorda che “il Teatro alla Scala rappresenta un luogo democratico e civile, e il nostro sindacato e la sezione Anpi del teatro non possono omaggiare chi ancora non combatte queste politiche”.
Dall’insediamento del governo Meloni alla nomina di Ignazio La Russa come seconda carica dello Stato, passando per ogni altro incarico affidato a persone che per il loro passato (ma spesso anche per il loro presente) oltraggiano la memoria di chi ha lottato a costo della vita per ripristinare i valori fondamentali della libertà e della giustizia, quello che non possiamo permetterci di fare è abbassare la guardia. Anche perché, per riprendere solo i due nomi citati (Meloni e La Russa), si tratta di persone che non hanno mai rinnegato i “valori” fascisti, e che anzi, dietro una forma solo apparentemente più presentabile, li rivendicano.
È noto, tra l’altro, pur essendo sempre utile ricordarlo, che Ignazio la Russa si vanta di esibire in bella mostra in una delle sue abitazioni il busto di Mussolini. Ed è anche per questo che un altro degli avvenimenti politici che ha fatto molto discutere, e che deve destare la nostra attenzione, è la nomina di Geronimo La Russa, figlio di Ignazio, come membro del Cda del Piccolo Teatro di Milano.
Il Piccolo Teatro storicamente, fin dalla sua fondazione, si è sempre contraddistinto per la volontà di svolgere un servizio pubblico centrale per la città di Milano, e resta fondamentale il contributo dato negli anni del dopoguerra alla ricostruzione di un tessuto sociale e culturale per la cittadinanza tutta.
La sede storica del Piccolo, in via Rovello, oggi Teatro Grassi che, com’è noto, fu sede della famigerata legione fascista repubblichina “Ettore Muti”, resta la testimonianza quotidiana del sacrificio di tanti uomini e donne che lì furono rinchiusi, torturati, uccisi e del loro spirito di libertà.
L’11 novembre scorso, aderendo all’iniziativa promossa dal circolo Anpi Audrey Hepburn, centinaia di milanesi hanno manifestato proprio davanti al Grassi per protestare contro questa nomina, certamente non dovuta a meriti culturali o a competenze nel campo artistico, ma inserita nel progetto ormai evidente del governo di occupare non solo i luoghi del potere ma, proprio per tentare di mantenere il potere, di insediarsi nei luoghi della cultura e della formazione di una coscienza critica.
La bella notizia è che a breve nascerà una sezione Anpi anche all’interno del Piccolo Teatro, per iniziativa di alcune lavoratrici e alcuni lavoratori del teatro che ritengono importante ribadire il ruolo civico e di testimonianza democratica dell’istituzione di cui fanno parte. Ancora di più in questo momento è sembrato importante alle lavoratrici e ai lavoratori del Piccolo riferirsi all’esperienza dei genitori e dei nonni, partigiani e partigiane, che negli anni bui della guerra hanno scelto di opporsi e di sacrificarsi in prima persona per sconfiggere la violenza e i soprusi del regime nazifascista.
La scelta di aprire una sezione dell’Anpi nasce quindi da un sentimento di responsabilità, e dal desiderio di rappresentare la straordinaria storia di questo luogo fortemente simbolico e significativo che, da sede di una banda di assassini criminali che al suo interno commisero ogni sorta di violenza, si trasforma, per volontà di due giovani coraggiosi e visionari come Paolo Grassi e Giorgio Strehler, insieme a una giovane donna come Nina Vinchi e con il sostegno del grande sindaco della ricostruzione Antonio Greppi, in un luogo di riscatto della città aperto a tutti, in cui produrre cultura, promuovere socialità, inventare e diffondere sogni e bellezza.