Emanuele Leonardi e Paola Imperatore, L’era della giustizia climatica. Prospettive politiche per una transizione ecologica dal basso, Orthotes Editrice, pagine 166, euro 17.
Il libro “L’era della giustizia climatica. Prospettive politiche per una transizione ecologica dal basso”, di Emanuele Leonardi e Paola Imperatore, è un ponte gettato da due studiosi e attivisti dei movimenti ambientalisti verso il movimento dei lavoratori e le loro organizzazioni. Ovviamente il testo non si limita a questo. Permette di fare il punto della situazione su 30 anni di lotte dei movimenti ambientalisti nel mondo, dal 1992, anno di nascita del sistema delle Cop (Conferenza delle Parti) a Rio de Janeiro, agli scioperi per il clima del 2019.
E' un arco di tempo in cui assistiamo ad una trasformazione del rapporto dei movimenti con la transizione ecologica calata dall’alto dalla governance climatica internazionale. Si passa dal sostegno critico alla rottura, che coincide con la comparsa sulla scena internazionale di Greta Thunberg. Nella discontinuità troviamo elementi di continuità: ad esempio la consapevolezza delle diverse responsabilità del Nord e del Sud globale nelle emissioni dei gas climalteranti. Il punto di maggiore rottura con il passato è la consapevolezza che i padroni non faranno venire meno i propri interessi di classe per garantire delle condizioni di vita accettabili per le prossime generazioni nel nostro pianeta.
La parte negativa, di critica e delegittimazione della transizione dall’alto, coincide con l’effetto-Greta. L’aspetto di ampliamento e trasformazione dei movimenti ambientalisti e dei loro metodi di lotta, invece, coincide con la visione-Greta, anche se non necessariamente questo significa concordare in ogni punto con le analisi di Greta Thunberg.
I ragazzi che sono scesi in piazza dal 2019 per rivendicare il diritto a vivere in un pianeta ancora abitabile dall’uomo hanno capito che non siamo tutti sulla stessa barca dentro gli sconvolgimenti del cambiamento climatico. C’è chi li vive su uno yacht mentre altri devono aggrapparsi ad un salvagente. Anche il cambiamento climatico, insomma, è una questione di classe, che si interseca con tante altre ingiustizie che coinvolgono ad esempio genere ed etnie. Lo vediamo ormai ogni estate con i bollettini dei morti sul lavoro per il troppo caldo. Operai edili, rider, braccianti, spesso lavoratori migranti, non hanno la possibilità di lavorare in un ufficio con l’aria condizionata. Subiscono in prima persona l’aumento delle temperature, e qualche volta muoiono perché l’interruzione del lavoro per le alte temperature non è ancora sufficientemente regolamentata in Italia.
I lavoratori, insieme ai movimenti ambientalisti, possono dare un contributo decisivo per proporre una transizione ecologica dal basso, che non gravi sulle spalle di chi per vivere deve lavorare. Il libro sostiene questa tesi attraverso l’analisi della vertenza dell’ex Gkn, che ha proprio nel dialogo con i movimenti un suo punto di forza. La motivazione dietro la chiusura di quella fabbrica è stata ricondotta da alcuni ai costi della transizione ecologica, e non alle scelte del fondo finanziario speculativo Melrose proprietario dello stabilimento. Tuttavia gli operai non hanno accettato questa motivazione, consapevoli della salute dell’azienda e soprattutto del fatto che i semiassi che producevano sarebbero serviti anche in un mondo dominato da auto elettriche.
Fin quando le auto andranno su gomma, avranno bisogno di semiassi. Tutto ciò si è tradotto in un ambizioso progetto di reindustrializzazione dal basso, con l’aiuto degli intellettuali provenienti dall’università, e con l’intento di costruire un polo pubblico per la mobilità sostenibile. Parliamo di un’idea che rifiuta il modello “una testa un auto” e allo stesso tempo conserva le competenze e i posti di lavoro, in uno scenario di economia sostenibile. Mancando però il necessario sostegno pubblico, gli operai sono dovuti ripiegare sulla costituzione di una cooperativa per produrre cargo-bike e pannelli solari di nuova generazione.
Questo è solo un esempio tra i tanti di possibile convergenza tra movimento dei lavoratori e ambientalisti per una transizione ecologica giusta. Si tratta di un sentiero da esplorare insieme, per non lasciare spazio a negazionisti pronti a contrapporre lavoro e ambiente. Fine del mese e fine del mondo sono la stessa lotta.