Il 28 ottobre a Belluno si è fatto tris a sostegno della sanità pubblica regionale. Oltre 4mila persone hanno sfilato per la provincia dolomitica veneta a difesa e per rivendicare più risorse ed attenzione alla sanità pubblica e per il sistema socio assistenziale.
Dopo le manifestazioni regionali del 9 aprile 2022 a Padova e del 15 aprile 2023 a Vicenza, è proseguito il percorso di mobilitazione per la difesa ed il rafforzamento del sistema sociosanitario pubblico e universale veneto. Tre manifestazioni promosse dal Coordinamento veneto Sanità Pubblica (Covesap), che hanno visto la partecipazione di migliaia di cittadine e cittadini veneti ed a cui la Cgil Veneto ha aderito fin dai primi appelli, insieme ad un’ampia rete di associazioni e movimenti che condividono tali finalità.
Nonostante i finanziamenti straordinari per la gestione Covid, il Veneto soffre ormai da anni un continuo decadimento, peggioramento della qualità dei servizi e delle prestazioni sanitarie e sociosanitarie. Le cause principali possono essere ricondotte ai continui tagli del Fondo sanitario nazionale ed alla gravissima carenza di personale in tutte le professioni sanitarie che spinge sempre più alla fuga verso il privato degli operatori del settore pubblico.
Gli effetti sono lunghissimi tempi d’attesa per le visite specialistiche, accertamenti diagnostici e ritardi negli interventi, che spingono sempre più i cittadini veneti a rivolgersi al privato. Infatti è in aumento il dato di chi ha rinunciato alle cure ovvero alla prevenzione. Secondo un’indagine Istat, ben il 6,4% della popolazione veneta ha rinunciato alle cure a causa della scarsa disponibilità economica e quindi impossibilitati a rivolgersi alle strutture private.
Secondo i dati della Corte dei Conti, nel 2022 in Veneto la spesa sanitaria si attesta a 2.990 euro per abitante. A questo costo bisogna però aggiungere (per chi se lo può permettere) un costo medio pro-capite destinato alle cure in strutture non pubbliche di 1.223 euro per la categoria dei pensionati e di 1.145 per i lavoratori.
Sono numeri che allarmano perché in sostanza una mensilità, se non di più, di salario o pensione viene speso per curarsi privatamente. Spesa che va a peggiorare ulteriormente il potere d’acquisto già penalizzato da un’inflazione ancora troppo alta. Di fatto la spesa per curarsi è diventata una tassa occulta aggiuntiva.
Come detto, una delle cause è la carenza di personale. Oggi in Veneto mancano all’appello 1.300 medici e oltre 5mila figure di comparto (infermieri, tecnici, ostetriche, fisioterapisti, operatori sociosanitari). Le retribuzioni nel comparto pubblico sono tra le più basse d’Italia, collocando il Veneto al 15° posto su 21 regioni.
Non va molto meglio nelle altre voci. Il Veneto è penultimo nella spesa per la salute mentale. Nonostante le linee nazionali “raccomandino” di investire almeno il 5% del fondo sociosanitario in questo settore, il Veneto investe circa il 2%. Consultori e assistenza territoriale: la legge 34/1996 prevede un consultorio ogni 20mila abitanti, nel 2020 in Veneto se ne registrano solo 0,4, meno di uno per 20 mila abitanti.
I medici di medicina generale sono sempre meno. Per legge il numero massimo di pazienti per medico è di 1.500. Secondo uno studio Ires Veneto la media supera i 1.700. Entro il 2025 andranno in pensione oltre 400 medici di famiglia. Per quanto riguarda l’assistenza ai disabili ed ai non autosufficienti, il tema non viene affrontato in maniera adeguata e non programmata.
Per la Cgil del Veneto questa manifestazione si colloca nell’ambito della più ampia mobilitazione generale che ha caratterizzato anche la grande manifestazione del 7 ottobre a Roma a difesa ed a garanzia del diritto alla salute previsto dalla nostra costituzione.
Con questa manifestazione la Cgil Veneto, unitamente alle tante associazioni e movimenti aderenti, si propone di richiamare governo e Regione alle proprie responsabilità sulla gestione, sulle scelte e provvedimenti che incidono sulla qualità della vita delle persone. Anche per questi motivi la proposta sull’autonomia differenziata non ci convince.
Finché non si comprenderà che la spesa sanitaria non è un costo ma un investimento sul nostro futuro, non ci fermeremo. Non ci interessano piste da bob, pretendiamo una sanità pubblica migliore: incremento del Fondo sanitario nazionale, ampliamento dei percorsi formativi, attuazione degli investimenti già previsti dalla programmazione nazionale e regionale per tutta la filiera dell’assistenza territoriale.