Nel corso del 2022, su impulso della segreteria nazionale Cgil, la Fondazione Di Vittorio ha coordinato una fra le più vaste inchieste sul lavoro realizzate in Italia negli ultimi decenni. L’obiettivo è stato quello di acquisire un quadro conoscitivo ampio e comprensivo del mondo del lavoro, partendo dagli stessi lavoratori, dal loro coinvolgimento, le loro condizioni, le loro aspettative e richieste. Il metodo si è basato sulla “ricerca-azione”, espressamente ispirata all’inchiesta operaia, teorizzata e praticata dagli anni ‘60 in poi. Il gruppo di lavoro è stato interdisciplinare, composto dai ricercatori della Fdv, degli istituti di ricerca delle categorie della Cgil, di alcune università e di altri enti di ricerca.
Quando si è partiti, a fine 2021, gli ostacoli e i problemi da affrontare erano vari: la creazione di una piattaforma per la compilazione on-line del questionario, costruire un unico questionario per tutti i settori, far conoscere l’iniziativa. Il questionario è stato diffuso nei luoghi di lavoro e attraverso siti e social network, con possibilità di compilazione on-line e cartacea. Uno sforzo coronato da un lusinghiero successo, attestato dalle oltre 50mila risposte ricevute, di cui più di 30mila valide per l’analisi, con un target composto da lavoratori e lavoratrici, in grande maggioranza sindacalizzati (82%), e alla Cgil in particolare.
Il questionario era composto da 53 quesiti, con una sezione separata per i lavoratori autonomi e focus specifici per i disoccupati. I profili e temi indagati erano: l’impiego, come profilo contrattuale e professionale; l’impresa/ente e il settore; l’organizzazione del lavoro; le condizioni di lavoro; gli impatti della pandemia; l’innovazione tecnologica.
Una sezione dell’inchiesta è stata interamente dedicata ai temi delle relazioni industriali, della partecipazione e della rappresentanza sindacale. In questa sezione possono ricavarsi indicazioni relative ai temi su cui il sindacato dovrebbe intervenire con più forza nel confronto con le istituzioni, nonché alle azioni e ai “servizi” che il sindacato dovrebbe rafforzare. E ancora, sui motivi per i quali si è scelto di iscriversi o non iscriversi al sindacato.
Fra gli iscritti, i motivi principali variano considerevolmente fra quanti ricoprono cariche di rappresentanza e quanti invece si limitano ad avere la tessera. Sull’asse individualismo/collettivismo, vi è qui un diverso grado di orientamento, fra le istanze più valoriali dei primi e quelle più strumentali dei secondi. Non meno interessanti le risposte dei non iscritti al sindacato, che ne motivano diversamente la ragione. Delle sei possibilità suggerite, spicca innanzitutto per la sua incidenza quasi residuale (4,6%), la risposta “Perché è troppo antagonista”. Di contro, “Perché è troppo remissivo” raccoglie un’adesione di circa quattro volte superiore (18,7%), rivelando con ciò un raggruppamento “conflittuale” ben superiore a quello “collaborativo”. Ma il numero relativamente maggiore di risposte è legato al “costo elevato dell’iscrizione” (23,6%), oppure alla “mancanza di conoscenza delle attività del sindacato” (29,3%).
La rappresentanza e le assemblee nei luoghi di lavoro ricoprono un ruolo di primaria importanza nel saldare e rivitalizzare l’insediamento sindacale. Anche la rete dei servizi si conferma nel suo rilevante contributo nell’intercettare, su un piano individuale – ma con implicazioni collettive e solidali – il bisogno di tutela e di rappresentanza di un lavoro sempre più vulnerato dalla discontinuità dell’impiego, dalla complessità degli adempimenti in rapporto alla burocrazia, dalla crescente diversificazione delle provvidenze del welfare.
Il Ccnl attesta il suo primato nell’ordine delle preferenze espresse dal campione, in ciò senza distinzioni significative fra delegati, iscritti e non iscritti. Come pure, senza reali distinzioni, il forte rilievo riconosciuto alla contrattazione decentrata. Sorprende, in positivo, l’interesse rivolto alla contrattazione sovra-nazionale, pur nella sua attuale eccezionalità, a testimoniare la diffusa consapevolezza di quanto oggi rilevi il potenziamento di strumenti in grado di fare i conti con le sfide della delocalizzazione e del dumping salariale. Indietro invece l’attenzione alla contrattazione di sito/filiera.
Sugli aspetti su cui il sindacato dovrebbe migliorare l’impegno nella propria azienda svetta il tema dell’inquadramento e della retribuzione (68%), seguito dalla formazione professionale. Al terzo posto la stabilizzazione dei rapporti e l’orario di lavoro. Se si passa al confronto con le istituzioni, l’aumento dei salari si ripropone in cima alle aspettative; anche qui, lo indicano due lavoratori su tre.
Cosa si colloca, infine, in coda alle preferenze? Smart working e diritto alla disconnessione, ad esempio. Come pure il welfare aziendale, sia pure con alcune differenze fra i tre diversi segmenti del campione: iscritti, rappresentanti e non iscritti. Nel rapporto con le istituzioni, scivolano in basso temi come la democrazia e la pace, e la tutela dell’ambiente.