La via maestra è la PACE - di Giacinto Botti

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Cessare immediatamente il fuoco, togliere l’assedio alla Striscia di Gaza, avviare un negoziato tra tutte le parti e con la piena rappresentatività dei palestinesi da parte delle loro legittime organizzazioni. Non c’è altra via per porre fine all’immane carneficina che, ancora una volta, si sta svolgendo sulla pelle dei palestinesi.

La risposta al terrorismo di Hamas, che ha colpito vigliaccamente civili innocenti israeliani, non può essere la vendetta e la punizione collettiva di un intero popolo. Un popolo che da almeno 75 anni chiede di veder riconosciuto il suo diritto a vivere nella sua terra e ad avere un suo Stato – come peraltro sancito dal diritto internazionale.

Serve una forte e diffusa mobilitazione del popolo della Pace, in Italia e in Europa.

Non possiamo dimenticare le responsabilità e l’ipocrisia dei governi e dei paesi europei ed occidentali. Il diritto del popolo israeliano a vivere in pace non può essere realizzato calpestando i diritti e la vita del popolo palestinese, come è stato per tutti questi anni. E l’Occidente “democratico” non dimostra amicizia per gli israeliani concedendo ai loro governi carta bianca nella repressione e – spesso – in azioni di sterminio dei palestinesi. Condanna, così, i due popoli al conflitto permanente.

Ancora una volta, come per la guerra ucraina, l’Unione europea conferma la sua nullità politica, la subalternità agli interessi neocoloniali degli Stati Uniti. Cerca di salvarsi l’anima con aiuti umanitari – peraltro bloccati dall’assedio israeliano e dalla strumentalità dell’Egitto di Al Sisi – ma è incapace di giocare un ruolo diplomatico e politico, di spingere con forza perché si vada alla radice del conflitto. Conferenza di pace e terra e Stato per i palestinesi.

Il governo Meloni cerca un’altra occasione per farsi una verginità democratica e allontanare la tragica eredità degli avi fascisti – questa sì razzista e antisemita – accodandosi al sostegno incondizionato alla guerra di ritorsione scatenata dallo screditato governo Netanyahu. Le tragedie delle guerre, così come la strumentalizzazione dell’immigrazione vengono usate dal governo come armi di distrazione di massa di fronte all’incapacità di rispondere alle necessità del paese.

Lo dimostra anche la legge di bilancio che, nella sua “pochezza”, conferma la natura classista e antipopolare di questo governo. È una manovra politicamente e socialmente indirizzata verso gli interessi corporativi, il lasciar fare al mercato e al padronato. Poche briciole per i salari, niente per i pensionati e i giovani, mano libera, sul piano dei diritti e delle politiche fiscali, a rendite, profitti, evasori, corporazioni. Privatizzazioni, svendita del patrimonio pubblico, meno risorse per la scuola e la sanità pubblica, nessun investimento sul futuro industriale, sull’occupazione, risorse folli per il ponte di Messina.

Una manovra sì “sociale” – come qualcuno l’ha definita – ma nel senso della lotta di classe alla rovescia: togliere al lavoro e alle fasce deboli per dare ai profitti e alla rendita.

Giustamente, quindi, la Cgil, dopo la grande manifestazione del 7 ottobre, sta dando continuità alla mobilitazione, rispondendo al bisogno espresso dal popolo della Pace, del mondo del lavoro, dei pensionati, delle donne e dei giovani, intensificando la mobilitazione e avviando, anche con la Uil, una campagna di scioperi di otto ore fino allo sciopero generale, impossibile ad oggi con una Cisl sempre più consociativa che fa da supporto al governo.

Va riportato al centro anche lo scontro con il padronato, rafforzando la contrattazione nazionale e aziendale, categoriale e sociale. Sono chiare le responsabilità di Confindustria e delle associazioni padronali chiuse nei propri miopi interessi e contrarie nel Cnel ad una legge sul salario minimo. Una mobilitazione necessaria, non di breve durata contro un governo pericoloso sul piano sociale e democratico, insultante verso le rappresentanze sociali cui nega il confronto, con una maggioranza parlamentare in grado di imporre le peggiori scelte. Occorre guardare anche oltre la legge finanziaria, perché il paese e l’Europa risentiranno le conseguenze delle guerre e della crisi climatica.

 

Con la sua autonomia di azione e di pensiero, aperta alle più ampie alleanze sociali, la Cgil non si rassegna.

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