Qualche mese fa c’eravamo dati appuntamento in piazza Trilussa, fra casa sua e il mio ufficio, seduti al tavolino di un bar per fare il punto della situazione politica davanti a un paio di birre. Una piacevole abitudine da quando, vent’anni fa, il già famoso Curzio Maltese di Repubblica, editorialista molto letto e un po’ invidiato, era rimasto incuriosito dalla giovane cronista politica di Liberazione dal cognome istriano. “Ciao sono Curzio, ho letto il tuo pezzo”. “Ciao sono Frida, ogni mattina cerco i tuoi pezzi, sono i primi che leggo”.
A volte la vita è strana, due parole e nasce una sintonia fra giornalisti, un’amicizia fra colleghi, di quelle che non ci sono quasi mai, rara e preziosa. La più giovane allieva di Alessandro Curzi, un po’ troppo anarchica per un giornale di partito (scusami direttore, quante te ne ho fatte passare) e un mostro sacro del giornalismo già a 40 anni, per giunta autore di un capolavoro come “Il caso Scafroglia”.
Per anni abbiamo seguito insieme sedute parlamentari, congressi, convegni, dopo una telefonata per mettere a fuoco il momento politico. Curzio non amava avere troppe persone intorno ma faceva un’eccezione con me, con la mia ansia da prestazione per non deludere Curzi, alla ricerca di un punto di vista diverso, una frase, un dettaglio, una curiosità che avrebbe fatto citare Liberazione nelle rassegne stampa. Curzio si divertiva, mi aiutava, un ottimo maestro.
Erano gli anni del berlusconismo realizzato, e credo che molti nella sua posizione avrebbero ceduto alle lusinghe di un potere che cantava come le sirene di Ulisse. Maltese no, per i berluscones, come li chiamavano noi, era il nemico numero uno. Armato di penna e taccuino, le uniche armi che si possano accettare, scriveva di Silvio Berlusconi, conflitto di interessi vivente. Curzio aveva capito subito che la tv commerciale aveva posto le fondamenta di un nuovo modello sociale e della sua ideologia, che sarebbe diventata dominante. Non per caso il proprietario della tv aveva fondato un partito.
Poi sarebbe arrivata l’esperienza politica, nel 2014, da candidato alle elezioni europee come capolista nella circoscrizione del nord-ovest italiano per L’Altra Europa con Tsipras, raccogliendo oltre 30mila preferenze. Primo dei non eletti, ma con il biglietto per Strasburgo e Bruxelles in tasca grazie al rifiuto, annunciato in precedenza, di Moni Ovadia. “Vieni anche tu vero, Frida?”.
Da direttore della rivista “Il teatro e il mondo” mi faceva intervistare Antonio Albanese, Stefano Massini, Moni Ovadia, Ottavia Piccolo, Neri Marcorè, Laura Morante, mentre nel tempo libero si parlava non solo di politica ma anche di sport, perché in gioventù Curzio era stato un giornalista sportivo, e aveva tante storie da raccontare, dalla Parigi-Dakar al Tour de France. Purtroppo tifava Milan, del resto nessuno è perfetto. Quante serate a Bruxelles al pub +39 per vedere solo calcio...
E non dimenticherò mai la sua rivendicazione di classe: “Vengo da una famiglia operaia, mica come te ...”.
Ciao Curzio, ti siano lievi le nuvole.
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Curzio era amico di Frida, quindi amico mio. Di quelli che non incontri spesso, troppo diversi erano i nostri impegni quotidiani. Quando accadeva però le chiacchiere si sprecavano, perché il famoso editorialista politico era stato anni prima cronista sportivo. Allora i suoi ricordi si intrecciavano con alcune mie passioni. In prima fila il ciclismo, sport popolare per eccellenza e miniera inesauribile di racconti e aneddoti da lui vissuti in prima persona. Per me, “suiver” fin da quando Vittorio Adorni aveva trionfato al mondiale di Imola, geloso possessore di un Topolino a coste biancoblu con la foto in bianco e nero di Felice Gimondi nel giro d’onore al Parco dei Principi al Giro di Francia del ‘65, era una festa sentirlo parlare delle sue esperienze alla Grand Boucle, e del lavoro che lo aveva portato a conoscere colleghi straordinari come Mario Fossati e Gianni Mura.
Ogni rosa ha le sue spine, così era meglio non parlare di calcio. Sarebbe stato facile, in risposta alla provocazione che la Fiorentina della stagione 2002-03 si chiamava Florentia Viola e giocava in C2, replicare che nelle foto delle ultime Coppe dei Campioni vinte dal “suo” Milan figurava, invariabilmente, un esultante Silvio Berlusconi.
Meglio andare in due in Vespa a mangiare una pizza alla Greppia, per parlare di quella storia meravigliosa che si stava facendo in quei giorni a Firenze. Il primo Forum sociale europeo lo aveva attratto come una calamita. Non solo per approfondire le idee e le rivendicazioni di una generazione bastonata e torturata a Genova. Anche per capire come gli allora Democratici di sinistra cercassero di far dimenticare la diserzione dei loro vertici nelle giornate genovesi, sostenendo le ragazze e i ragazzi che chiedevano un altro mondo possibile.
Ciao Curzio, ci mancherai.