Intervento al XVI Congresso nazionale Filcams Cgil, Rimini 14-16 febbraio 2023.
Essere compagne e compagni è un moto ideale, è un sentimento comune fatto da interessi, passione e affetto. Gramsci diceva “odio gli indifferenti”: noi non lo siamo, siamo di parte, siamo partigiani, ed esserlo significa legare menti e cuori a un’idea rinnovata di mondo, giusto, solidale e diverso.
È più di un anno che la guerra in Ucraina continua a produrre morte, distruzione e disperazione. Una guerra voluta dalla Russia ma cercata dall’Occidente, due colpe che sembrano non volersi redimere.
Le parole della guerra sono parole bugiarde: ci era stato detto che per poter costruire la pace sarebbe servito l’equilibrio sul campo di battaglia. Ma oggi, che questo equilibrio esiste e gli armamenti concessi all’Ucraina permettono un sostanziale stallo militare, la guerra non si vuole fermare. Le parole della guerra mentono. Mentono da sempre perché ammantano di ideali ciò che non ne ha la dignità, perché usano le parole “libertà” e perfino “pace” sapendo che la guerra, e i suoi signori, non vogliono né una né l’altra.
La guerra è la prima cosa di cui parlo perché nella guerra ogni cosa inizia o finisce. Per esempio nella guerra è iniziata una crisi che paghiamo noi: la crisi è una parola bugiarda perché nella crisi noi ci ritroviamo a subire sacrifici, rinunce, impoverimento e riduzione di salari e ricchezza. I nostri governi mentono ogni giorno ai cittadini, alle lavoratrici e ai lavoratori, quando parlano di sacrifici necessari, quando mettono a contrasto i giovani e gli anziani, i lavoratori attivi e i presunti fannulloni del reddito di cittadinanza.
I nostri governanti mentono quando ci dicono che per rendere vantaggiosa e sostenibile la gestione dei servizi pubblici questi devono essere privatizzati o dati in appalto. Noi della Filcams sappiamo bene che gli appalti sono un inganno che produce precarietà del lavoro e costi sociali ed economici per la collettività. Quando si individua una bugia la si combatte partendo dalle parole, dalle idee che la sostengono. Non temiamo di usare la parola reinternalizzazione dei servizi: loro, la destra sociale ed economica, non teme di parlare di semplificazione degli appalti. Offriamo una prospettiva nuova, diversa, potente e coraggiosa a chi questa perversione subisce: quelle lavoratrici e quei lavoratori che ciclicamente subiscono la drammatica procedura di cambio di appalto.
Un grande inganno, un’ulteriore bugia riguarda il welfare: la presunta necessaria riduzione dei servizi essenziali come la salute, la casa o l’istruzione necessaria per la sostenibilità del bilancio. Su questo noi abbiamo bisogno di combattere una battaglia, difficile, che prevederà anche una discussione pesante, e scelte complesse da spiegare, su come il welfare contrattuale si sostituisce a quello pubblico, e su quale strada le scelte di oggi ci avvieranno. Perché un errore che dobbiamo evitare è quello di pensare che le scelte di oggi non avranno effetti domani.
Come dobbiamo pensare e ricordare sempre che la rappresentanza sindacale è la cellula fondamentale su cui si costruisce il sindacato di domani. Se non saremo capaci di essere ancora attrattivi per le giovani generazioni, la nostra storia ci porterà a morire. La rappresentanza significa dare l’opportunità, sempre, ai rappresentati di scegliere i propri rappresentanti, è la nostra storia: la discussione sulle Rsu per noi non è residuale nel mare delle questioni di cui parlare. La rappresentanza è lo strumento per dare una connessione concreta alle nuove generazioni con il nostro mondo sindacale.
Se, di fronte all’atteggiamento dei nostri cugini di Fisascat e Uiltucs, non sapremo proporre un modello che mantenga al centro della nostra azione il radicamento nei luoghi di lavoro con gli iscritti e i delegati sindacali scelti da ogni singolo lavoratore, allora perderemo la prospettiva storica dell’essere sindacato generale e di classe. E quando si parla di rappresentanza noi dovremo sempre praticare la capacità della rappresentanza, anche nelle nostre istanze organizzative.
La Cgil, la Filcams sono l’espressione migliore del nostro Paese. Ne sono convinto, lo rivendico ogni volta che parlo della mia militanza sindacale e politica. Ma se siamo questo è perché il valore della rappresentanza nei luoghi di lavoro non è mai venuto meno, e perché il valore del pluralismo è centrale nella definizione quotidiana del nostro agire. Pluralismo che è fatto da tanti strumenti: statutari, organizzativi e politici. Economici anche. Troppo spesso, in diverse istanze della nostra organizzazione questo concetto, che dovremmo ritenere sacro, è stato smarrito. Mi chiedo se sia un problema culturale, forse figlio di generazioni che non sono abituate all’articolazione delle idee e pensano che gli strumenti della democrazia interna siano rappresentate dalla rete dei rapporti, dall’appartenenza a una categoria o a un territorio.
Per riconfermare il pluralismo delle idee come valore fondante della nostra comunità, Lavoro Società ha scelto e continua ad essere un’aggregazione organizzata e visibile all’interno della Cgil e della Filcams. La nostra è un’aggregazione che ha scelto di sostenere il documento “Il Lavoro crea il futuro” e il nostro segretario generale Landini con convinzione. Questo percorso (il percorso di Lavoro Società) non è un percorso nato da pochi anni, ma ha radici antiche. In queste radici ci sono anche le basi della nostra proposta, una proposta che deve essere riconosciuta ad ogni livello: ancora oggi a questo percorso manca la partecipazione alla guida politica dell’organizzazione con una nostra presenza nella segreteria della Filcams. Riteniamo da anni che questo sia un problema da sanare sulla base della presenza, della capacità di lavoro, della qualità della proposta politica e del nostro statuto.
Partendo dall’internalizzazione dei servizi dati in appalto, passando alla riflessione sulla direzione che le politiche di welfare stanno prendendo, parlando della redistribuzione della ricchezza che i nostri contratti non sempre sono in grado di offrire; riflettendo dei modelli organizzativi del lavoro, che oggi possono essere messi in discussione parlando di riduzione dell’orario di lavoro (che possiamo trasformare in aumento indiretto della retribuzione per chi ha un contratto part time). Affrontando il tema del modello di sviluppo economico e il modello di legalità (che senza giustizia sociale è solo la gabbia in cui i potenti definiscono la cornice dei loro interessi), siamo in grado e in dovere di offrire una critica radicale al nostro modello sociale.
Su questa critica possiamo e dobbiamo costruire la nostra proposta generale: le lavoratrici e i lavoratori si aspettano anche questo da noi (non soltanto impegno, contrattazione e assistenza quotidiana). Oggi più che mai c’è bisogno di prospettiva generale, di conflitto, di lotta e di sindacato, in Italia e nel mondo. Viva la Cgil, viva la Filcams, buon lavoro e buon congresso a tutte e a tutti.