A Mazara del Vallo conoscono bene la drammatica realtà dei barconi carichi di profughi da salvare. A pochi giorni dall’ennesimo soccorso, quello prestato dal motopesca ‘Boccia II’ a un mezzo in panne a circa 30 miglia a nord-est di Linosa, con a bordo un centinaio di uomini, donne e bambini, uno degli armatori della flotta peschereccia mazarese, Maurizio Giacalone, la vede nell’unico modo possibile: “Per chi come noi ha l’anima del pescatore, per chi vive e lavora in mezzo al mare, viene naturale aiutare chiunque sia in difficoltà. È nel nostro dna. Capitano spesso segnalazioni di imbarcazioni in arrivo dal nord Africa. Anche se la Bossi-Fini vieta di prestare soccorso diretto, cerchiamo di dare comunque una prima assistenza, in attesa delle unità navali speciali che imbarcheranno i profughi”.
Per i pescatori mazaresi come Giacalone, nonostante siano spesso oggetto di attacchi e minacce da parte delle motovedette libiche, la legge del mare prevale su ogni altra considerazione: “E’ successo di incrociare gommoni anche in piena notte, quando il buio è totale e non si vede niente, se è nuvoloso e c’é poca luna. I pescherecci che fanno pesca d’altura a sud di Lampedusa nell’ultimo decennio ne hanno aiutati tanti, tutti quelli che abbiamo potuto. Perché quando vedi una mamma con un bambino tra le braccia, ti si stringe il cuore. Ricordo ancora un salvataggio di alcuni anni fa, quando ci segnalarono un’imbarcazione in difficoltà. Appena l’abbiamo vista nei radar, abbiamo tirato su le reti e siamo andati a portare acqua e pane in attesa dei soccorsi ufficiali”.
Alle volte può diventare pericoloso anche prestare soccorso. “Sono spaventati, terrorizzati, appena intravedono la barca che si avvicina si buttano a mare”. Maurizio Giacalone ha 54 anni, il suo battesimo del mare avvenne quando ne aveva solo 16. “Tradizione di famiglia - racconta con malcelato orgoglio - un mestiere che si tramanda di padre in figlio. Mazara offre questo, pescare. Un lavoro sicuro, anche se faticoso e difficile. Faccio pesca d’altura, siamo capaci di stare fuori per mesi. Rotte lontane da casa, nell’Egeo, certe volte partivamo a febbraio e tornavamo ad agosto. In queste occasioni ti manca tanto la famiglia, lasci un figlio che ha pochi mesi, quando torni non ti riconosce già più. La cosa più bella è proprio il rientro, l’intero paese al porto a salutare l’approdo dei pescherecci”.
Giacalone ha il mare dentro, con tutta la poesia che il mare può dare. Ora guarda al presente e non trattiene parole velate di tristezza: “Siamo sempre meno, i giovani non vogliono stare in mare, e forse non hanno tutti i torti. Perché quando esci al largo devi dimenticare tutto il resto, pensare solo a lavorare, anche i sabati e le domeniche. I nostri figli hanno studiato, sono professori, dottori. Al loro posto sono arrivati molti immigrati”. Giacalone rivela: “Sai una cosa bellissima, che non accade da altre parti? Su un peschereccio ci sono marinai di tante nazioni diverse, dall’Italia al Ghana, dalle Tunisia fino all’Indonesia. Convivono senza problemi. Ognuno segue i propri credi religiosi, durante il ramadan c’è chi mangia solo di notte. Ma su una barca andare d’accordo, e rispettare le esigenze altrui, è naturale”.
Fondamentale è dare aiuto a chi ne ha bisogno, agli occhi di chi fa un lavoro molto duro ma, come osserva la Flai Cgil a cui tanti sono iscritti, non dimentica i più elementari principi di umanità. Anche a costo di rischiare la propria incolumità: “Il mare è bello quando il tempo è bello - sottolinea Giacalone - quando invece è brutto tempo, il mare diventa cattivo, e può essere spietato per chi si trova in difficoltà. Se sei continuamente sbattuto dalle onde e devi comunque lavorare, mangiare, fare ogni cosa con un mare forza 5 o forza 6, ti rendi conto quanto sia alto il rischio per i profughi alla deriva su gommoni fatiscenti e barche in condizioni pietose. Ecco perché davvero non capiamo quelli che non prestano soccorso a chi ne ha estremo bisogno”.
Di aiuto avrebbero bisogno anche i pescatori mazaresi, famosi ai quattro angoli del pianeta per il gambero rosso, stretti fra il forte rincaro dei carburanti e un vero e proprio dumping lavorativo: “Le restrizioni a cui siamo sottoposti dalle normative europee non valgono per i pescatori dei paesi nordafricani - puntualizza Giacalone - e soprattutto c’è l’annoso problema delle autorità libiche. Nel 2005 l’allora premier Gheddafi decise unilateralmente di dichiarare zona economica esclusiva un vasto tratto di mare, fino a 74 miglia dalle coste libiche. In più stanno arrivando progetti di realizzare grandi parchi eolici in aree importanti per la nostra pesca. Ne abbiamo discusso fra noi, e vogliamo misure compensative. Se proprio si devono realizzare parchi eolici, almeno ci diano la possibilità di tornare a pescare in quelle aree internazionali che da qualche anno il nostro governo ci ha vietato”. Come si fa a mantenere l’entusiasmo di fronte a tante, quotidiane difficoltà? “Noi marinai siamo come i gabbiani, quando finisce il cattivo tempo sbattiamo le ali e dimentichiamo tutto”.