Droghe: il Libro Bianco rilancia la “sfida democratica” - di Denise Amerini

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Il 23 giugno scorso è stata presentata la tredicesima edizione del Libro Bianco sulle droghe, dal titolo “La sfida democratica”. Un rapporto indipendente, che ogni anno interviene sugli effetti del Testo Unico sugli stupefacenti, il Dpr 309/90, per quanto riguarda sistema penale, stato dei servizi e salute delle persone che usano droghe. È promosso da una vasta rete di associazioni, di cui fa parte anche la Cgil, insieme a Forum Droghe, Cnca e molte altre organizzazioni della società civile.

La parte centrale di questa edizione è riservata alla “sfida democratica”, quella che abbiamo di fronte a seguito della non ammissibilità, da parte della Corte Costituzionale, del referendum sulla cannabis. Conseguenza di un’interpretazione che già abbiamo definito quantomeno molto discutibile, e fuori dal tempo, sia della Costituzione che delle Convenzioni internazionali.

Viene pubblicata, come contributo al dibattito, la memoria presentata dal Comitato promotore del referendum “Cannabis legale”, insieme alla sentenza di inammissibilità 51/2022. È pubblicata anche la trascrizione integrale della conferenza stampa del presidente Amato, che tanto scalpore ha fatto per metodo, toni e merito, insieme a commenti precedenti e successivi il giudizio della Corte, a supporto dell’ammissibilità del quesito.

Come ogni anno, il libro contiene una descrizione dettagliata degli effetti sul sistema penale e carcerario della normativa sulle droghe, che contribuisce in maniera pesante ad alimentare il sovraffollamento carcerario, oltre a produrre marginalità, senza tutelare la salute delle persone.

Dai dati riportati emerge chiaramente come la normativa vigente sia una delle cause principali del sovraffollamento carcerario: il 30% dei detenuti è in carcere per detenzione o piccolo spaccio, oltre il 28% è rappresentato da persone definite “tossicodipendenti”. In più i tribunali sono intasati da oltre 230mila fascicoli di procedimenti penali pendenti per violazione della normativa vigente, con molte segnalazioni di minori. La repressione colpisce principalmente persone che usano cannabis (72,8%), cocaina (20%) ed eroina (4%). Dal 1990 ad oggi, oltre un milione di persone sono state segnalate per possesso di cannabis. Insomma la legge è il volano delle politiche repressive e carcerarie, e continua ad essere il principale veicolo di ingresso nel sistema della giustizia e nelle carceri.

Anche le misure alternative, secondo il Libro Bianco, in un contesto di forte domanda di controllo sociale e istituzionale, sono diventate una alternativa alla libertà invece che alla detenzione. Infatti l’aumento delle misure alternative non è stato accompagnato da una sensibile diminuzione della popolazione carceraria. Come scrivono Stefano Anastasia e Franco Corleone nell’introduzione, “le misure alternative non fanno diminuire il peso sul carcere se non sono accompagnate da una chiara politica di depenalizzazione”, “una sorta di doppio binario classista, che divide coloro che per status sociale ed economico (prima che giuridico) possono ambire alle misure di comunità, e quelli che sono destinati al carcere, con sempre più rare opportunità di uscirne prima”.

Interessante il capitolo dedicato alle violazioni del codice della strada: i dati della Polizia stradale rilevano che meno dell’1,5% degli incidenti è imputabile a guida in stato di alterazione psicofisica per uso di sostanze stupefacenti.

Nel complesso soono tutti dati che confermano, se ce ne fosse bisogno, la necessità di mettere finalmente all’ordine del giorno in Parlamento la revisione e la modifica del Dpr 309/90, come anche la Cgil chiede da tempo: la depenalizzazione del consumo di sostanze, la legalizzazione della cannabis, e la valorizzazione delle buone prassi della riduzione del danno, quali politiche che informano gli interventi sui consumi di sostanze.

La Riduzione del danno (che è entrata a far parte dei Livelli essenziali di assistenza già dal 2017, ma non ha ancora trovato compiuta declinazione nelle normative regionali) e la Limitazione dei rischi vanno pienamente riconosciute quali diritti delle persone che usano sostanze a ricevere servizi e prestazioni adeguati alle loro reali esigenze sociosanitarie, e non centrati esclusivamente su schemi patologici.

Una parte rilevante del Libro Bianco è infine riservata alla Conferenza nazionale sulle droghe dello scorso novembre a Genova, dopo oltre dieci anni dalla precedente, nonostante la legge la preveda ogni tre. Un appuntamento molto atteso dai servizi e dalla società civile, che non ha fatto mancare il loro apporto di idee e proposte.

Ora che le conclusioni sono pubbliche e trasmesse al Parlamento, è il momento della politica. È stato avviato il processo per la costruzione del Piano d’azione nazionale per le dipendenze (Pand): le conclusioni finali dei tavoli di lavoro della Conferenza, a cui abbiamo portato un contributo di contenuti non scontati in questa fase politica, non possono essere ignorate dai decisori politici, chiamati ad intervenire sulla legislazione nel senso della decriminalizzazione e della rimozione dello stigma per le persone che usano sostanze.

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