Il consiglio del Cern di Ginevra vota la chiusura della collaborazione con Russia e Bielorussia a partire dal 2024.
L’ondata di russofobia ha messo in discussione anche la collaborazione scientifica tra l’Europa e la Russia. I paesi membri del Cern il 13 giugno hanno discusso se espellere i mille scienziati russi che lavorano da anni insieme ai colleghi di tutta l’Europa per migliorare la conoscenza umana, e lavorare per un mondo sempre più bisognoso di tutela e controllo da parte della società scientifica. I 23 paesi membri hanno discusso se cancellare gli accordi di cooperazione scientifica con Mosca. Cinquanta scienziati italiani hanno sottoscritto un appello per scongiurare questa scelta politica, che verrebbe calata su una comunità che fa dell’indipendenza la sua bandiera.
Il Consiglio è diviso fra Paesi che spingono per la rottura e Paesi contrari. Tra i falchi ci sono Paesi come la Polonia, la Germania e la Finlandia. A Ginevra 40 scienziati delle università ucraine lavorano al fianco dei colleghi russi.
“La scienza come l’arte deve restare un santuario inviolabile… un’orchestra che suona insieme da decenni non può espellere dei membri solo per la loro nazionalità, rischiando di distruggere un patrimonio che non si ricostituirà mai più”. Tanto ha detto il fisico Guido Tonelli dell’Università di Pisa e protagonista della scoperta del bosone di Higgs, furioso come molti altri colleghi.
Al Cern lavorano un migliaio di scienziati russi, mentre Mosca è tra i paesi che hanno contribuito maggiormente a fornire fondi per lo sviluppo della ricerca. “L’espulsione di un Paese sarebbe un precedente senza ritorno - ha commentato Luciano Maiani che del Cern è stato direttore generale dal 1989 al 2003 - distruggeremmo un canale importantissimo che anche nei peggiori anni della guerra fredda è rimasto sempre aperto”.
La dirigenza europea che non riesce a mettersi d’accordo su sanzioni efficaci non può chiedere agli scienziati di distruggere una delle più belle esperienze di questa comunità scientifica e il suo sforzo per comprendere i misteri della natura. La scienza non deve appartenere ai Paesi, né tanto meno ai governi. Lo scienziato non nasconde la sua amarezza per una scelta folle, che potrebbe annullare i successi che la scienza ha realizzato in questi anni. Ancora, aggiunge che “anche in altre guerre nessuno si è sognato di mettere in discussione la collaborazione scientifica, ad esempio contro gli Stati Uniti”. Se si decidesse di espellere la Russia si verrebbe a rompere una tradizione fissata da Edoardo Amaldi, che realizzò il Cern mettendo insieme Paesi europei che fino a poco tempo prima si erano combattuti in una lunga guerra.
Crediamo che difendere la pace e sostenere le ragioni di un ritorno rapido al tavolo delle trattative non possa far dimenticare anche la necessità di difendere la libertà della scienza, che fa parte del patrimonio dell’umanità. Di fronte a scelte irrazionali della politica bisogna far sentire la voce di professionisti, scienziati, persone comuni, e di quanti partecipano allo sviluppo scientifico e scendono in piazza per difendere i valori della scienza universale e allo stesso tempo della pace.
Il Consiglio del Cern convocato il 13 giugno, al termine di un dibattito durato due giorni, ha deciso di porre fine agli accordi di cooperazione internazionale con la Federazione Russa e la Repubblica di Bielorussia alla loro scadenza nel 2024, alla luce della invasione militare dell’Ucraina in atto che ha provocato una diffusa crisi umanitaria e una significativa perdita di vite umane.
Il Consiglio ha deciso di rivedere la futura collaborazione del Cern con il Joint Institute for Nuclear Research con sede nella Federazione Russa, ove lavorò anche il fisico italiano Bruno Pontecorvo. “La decisione del Consiglio – afferma Fabiola Gianotti, direttore generale del Cern – lascia comunque la porta socchiusa per una ripresa della collaborazione scientifica, se le condizioni lo permetteranno in futuro”.
E’ una “posizione di grande ragionevolezza quella raggiunta al termine del Consiglio, che ha deciso di non sospendere la collaborazione fin da oggi, come prevedeva una delle proposte, ma di attendere la scadenza degli accordi del 2024”, ha detto all’agenzia Ansa Antonio Zoccoli, presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare.
Si è trattato dunque di una decisione sofferta che ha raccolto il sostegno di una larga maggioranza, perché tutto sommato lascia intravedere ancora qualche spiraglio di dialogo, pur confermando la forte condanna dell’invasione dell’Ucraina.