Ricordando Carlo Smuraglia - di Carlo Ghezzi

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La scomparsa di Carlo Smuraglia ci lascia un grande vuoto. Con lui viene a mancare una personalità che ha rappresentato per lunghi decenni un vero e proprio faro per l’antifascismo, per la democrazia italiana per le grandi battaglie civili e sociali del nostro paese.

Nato ad Ancona nel 1923 e iscritto alla facoltà di giurisprudenza alla Normale di Pisa, Carlo Smuraglia, dopo aver rifiutato il reclutamento nella Repubblica Sociale Italiana, aveva preso parte giovanissimo alla Resistenza. Non si era fermato dopo la liberazione con le armi della sua città, ma aveva proseguito alle dipendenze operative dell’Armata britannica contribuendo alla liberazione dell’Emilia Romagna e del Veneto.

Questa esperienza è rimasta la stella polare di tutta la sua vita. Eletto nel 1946 consigliere provinciale comunista a Pisa, all’inizio degli anni Sessanta si trasferisce a Milano dove prosegue la sua attività di avvocato e dove diverrà docente di Diritto del Lavoro all’Università Statale di questa città come all’Università di Pavia. Difende insieme a Lelio Basso numerosi partigiani ingiustamente inquisiti per le loro attività nella Resistenza, così come difende gratuitamente molti lavoratori vittime della repressione imprenditoriale di quegli anni.

Importante rimane la sua attività forense con la difesa come parte civile dei familiari delle vittime di Reggio Emilia, degli studenti del Liceo Parini che editano il giornalino “La zanzara”, della famiglia Pinelli dopo l’oscura morte in Questura di Giuseppe Pinelli, entrato vivo e caduto dal quarto piano, seguendone con passione e con tenacia gli sviluppi, anche dopo lo spostamento per legittima suspicione del processo sulla strage di Piazza Fontana a Catanzaro. Assume anche la tutela dei lavoratori della Icmesa dopo il disastro ambientale di Seveso e interviene in molti altri casi emblematici come il rapimento e l’uccisione di Cristina Mazzotti.

Nel 1970 viene eletto consigliere regionale in Lombardia e per diversi anni sarà il presidente della Assemblea regionale. Fine giurista, diviene nel 1986 componente del Consiglio superiore della magistratura nel quale sostiene inutilmente la nomina di Giovanni Falcone alla Procura generale di Palermo. È capogruppo del Pci nel Consiglio comunale di Milano, e successivamente viene eletto senatore nelle liste di quel partito per tre legislature.

Qui presiede la commissione Lavoro, da dove promuove numerose normative a sostegno dei diritti dei lavoratori, con una particolare attenzione ai problemi della salute e della sicurezza negli ambienti di lavoro. Propone e fa approvare normative importanti riguardanti la regolamentazione del lavoro nelle carceri. Da sempre è vicino alla Cgil, al Patronato Inca e alla Associazione Ambiente&Lavoro.

Viene infine eletto presidente dell’Anpi di Milano, e nel 2011 dell’Anpi nazionale. Da questa postazione guida con grande determinazione e con passione la battaglia referendaria che respinge gli stravolgimenti della nostra Costituzione proposti dal governo presieduto da Matteo Renzi.

Dal 2017 assume la carica di presidente emerito dell’Anpi, continuando così a dare il proprio appassionato contributo alla causa di un rigoroso e moderno antifascismo, sottolineando continuamente la necessità di ampliare e rendere più completa la memoria storica sviluppatasi intorno alla vicenda della lotta di Liberazione. Mette in risalto, accanto agli aspetti più strettamente militari, il ruolo svolto all’interno del movimento resistenziale da quei gruppi sociali come gli operai e i lavoratori salariati che più avevano patito l’esperienza fascista, così come la funzione svolta dalle donne e il contributo importante fornito dal Mezzogiorno.

Memoria della Resistenza, difesa della Costituzione e sua piena applicazione sono stati nel corso della sua vita i cardini del suo instancabile operare, della sua passione civile e del suo impegno politico. Carismatico, rigoroso, fermo, serio e sempre disponibile, era persona capace di una sottile ironia. In qualsiasi ruolo svolto nella propria vita ha sempre voluto rimarcare un tratto fondamentale: la centralità del lavoro in una società moderna e la sua sicurezza. Ha avuto una vita bella perché ha saputo scegliere, ed è riuscito a coniugare professionalità, impegno civile, cultura e affetti.

 

Bellissimo il suo ultimo libro-intervista intitolato “Con la Costituzione nel cuore”. Ad ispirare quest’ultima fase dell’attività di Carlo Smuraglia è stata la convinzione che il fascismo non sia stato soltanto una pagina di storia da ricordare per i suoi orrori, ma anche un pericolo attuale per un paese troppo disposto a dimenticare e a lasciare spazio a nuove forme di intolleranza e a nuove discriminazioni. La sua memoria rimarrà un riferimento importante nella coscienza civile e democratica del nostro paese.

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