Valerio Evangelisti, la lotta per l’immaginario - di Dmitrij Palagi

Stella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattiva
 

Nei giorni successivi alla sua morte, numerosi articoli si sono concentrati sulla sua vita e sulle sue opere, anche con utili introduzioni alla lettura per chi non ha conosciuto Valerio Evangelisti. Un rivoluzionario impegnato nella lotta forse più importante per l’occidente del XXI secolo, quella per l’immaginario, da vivere come luogo collettivo da alimentare, non un rifugio in cui consumare illusorie fughe dalla realtà.

Per chi lo ha conosciuto non è difficile capire perché venisse chiamato Magister, richiamando il protagonista della sua saga più famosa, quella dell’inquisitore Eymerich, impegnato a costruire una Chiesa che potesse difendere la razionalità anche dal potere, ma imponendo un’unica idea di ordine, inevitabilmente destinata a reprimere l’umanità stessa, nonostante punti magari a difenderla.

Il protagonista di questi romanzi contiene sfumature diverse e non si limita ad accogliere gli aspetti negativi del suo creatore: la proiezione di idiosincrasie e difetti porta con sé frammenti della generosità di Valerio Evangelisti, un autore sempre pronto a concedere il proprio tempo e il proprio parere, senza pretendere alcun tipo di riconoscimento.

Negli anni ha saputo costruire un rapporto diretto con le comunità nate attorno ai suoi libri, in particolare con l’ormai storica “mailing list”, nata nel segno della fantascienza, ma sviluppatasi negli anni in un modo unico, oltre i confini dei generi e abbracciando l’essenza stessa della politica, come pratica per costruire relazioni tra persone, per rendere la vita quotidiana migliore, attraverso il confronto, l’ascolto e – in alcuni casi – lo scontro (dialettico) tra posizioni diverse.

Quest’ultimo Valerio Evangelisti manca e mancherà molto. Non resterà che potersi immaginare quale risposta piena di ironia e umanità avrebbe dato alle sollecitazioni a cui lo avremmo potuto sottoporre, nello scorrere degli eventi che ci attende. Resta il molto che ci ha lasciato: la nettezza della scelta di campo, come impegno di vita. Dalla parte di chi è oppresso, di chi è fuori dal terreno del decoroso.

Era un maestro del perturbante, di ciò che mette in discussione le certezze, per squarciare l’ipocrisia di una società dove tutto rimane sfruttamento e consumo. Oltre al materialismo c’è la materia, l’attenzione ai corpi e ciò di cui sono fatti, la concretezza di ciò che sta dietro il digitale e le nuove tecnologie, la volontà di capire l’importanza degli spazi collettivi, quali sono anche la musica e il cinema, soprattutto nelle ritualità dei concerti e dei festival.

Rimangono inoltre i suoi scritti, a partire dai romanzi. Come quelli in cui si attraversa il mito della pirateria per raccontare la natura di un capitalismo predatorio, senza lasciarsi imprigionare dall’amore per la ribellione, che se fine a sé stessa può diventare funzionale ai rapporti di potere che si vanno costruendo. O la capacità di restituire la storia della lotta di classe internazionale e internazionalista, pronta ad attraversare l’eterogeneità del panorama statunitense, lo sviluppo dell’Industrial Workers of the World e la lotta per l’indipendenza dell’Irlanda (avrebbe probabilmente salutato con gran piacere i risultati dello Sinn Féin di questi giorni).

Per le nuove generazioni è e sarà centrale la trilogia del Sole dell’Avvenire: una narrazione del primo socialismo del nostro Paese, pronta a fermarsi alle soglie della nascita della Repubblica italiana, senza addentrarsi nel Novecento del secondo dopoguerra. Il contemporaneo è sempre stato trattato da Evangelisti – sul piano del racconto – in relazione al distopico, mentre l’attenzione scientifica alla storia la si ritrova in ogni pagina dedicata al passato.

I diversi piani della storia rendono difficile collocare nelle librerie le opere del Magister, talvolta penalizzato dalle riduzioni del suo lavoro a un solo genere. L’elemento comune è la necessità di tenere aperte le porte del cambiamento. In ogni situazione è sempre possibile lottare, resistere, senza mitizzare la propria classe, ma riconoscendone le contraddizioni e le fragilità che sono in ogni essere umano. Sapendo come niente si ripete, ma tutto sia legato, anche oltre quanto direttamente percepibile. Siamo parte di un tutto e per questo saremo tutto.

Il Magister non deve quindi essere ricordato, ma letto. Per alimentare nuove prospettive di cambiamento. Oltre ai romanzi ci sono i saggi, le introduzioni e gli articoli, i percorsi collettivi e comuni che ha contribuito a far crescere.

Le parole di Valerio sono raggi del sole dell’avvenire, pronti a lasciarci scorgere il futuro nei momenti più bui. Sapendo difendere le nostre classi sociali, con più umanità di Eymerich, ma senza minore determinazione.

©2024 Sinistra Sindacale Cgil. Tutti i diritti riservati. Realizzazione: mirko bozzato

Search