Demenziale, indecente criminale riarmo. Se vuoi la Pace prepara la Pace - di Giacinto Botti

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Le guerre scatenate in questi decenni dall’Occidente, con le loro disastrose conseguenze, non hanno insegnato nulla. Che la guerra, per sua natura, non possa avere regole né limiti l’aveva ben capito Albert Einstein. È lo strumento della guerra ad essere un crimine contro l’umanità. Si può abolire solo con un salto di qualità della coscienza civile, con l’affermazione della cultura della Pace e della convivenza civile. Con il pensiero critico, libero, senza indossare l’elmetto o fare i tifosi da trincea.

Anche questa guerra in Europa, che poteva e doveva essere evitata, non è più grande, più mostruosa, più violenta e inutile di tante altre, è solo più vicina a noi. I profughi che scappano dall’Ucraina bombardata non sono diversi dagli altri, solo che non provengono da paesi lontani, non sono vittime delle nostre bombe democratiche, civili e ‘intelligenti’, e hanno la pelle del nostro stesso colore.

Fermare la guerra nel nostro continente, difendere e preparare la Pace dovrebbe essere la base di riferimento culturale, etico e politico del governo italiano e dell’Unione europea, di ogni partito che anche solo formalmente sia contro la guerra, contro tutte le guerre.

Invece il governo italiano, con il voto in Parlamento, ha scelto l’invio di armi e un demenziale, criminale riarmo. Si è votato l’insensato aumento delle spese militari, come richiesto dalla Nato, al 2% del Pil italiano. Tradotto, in un’Italia ancora immersa in una crisi di sistema, sanitaria, sociale ed economica, segnata dalla disoccupazione e dalla precarietà di lavoro e di vita, aumentiamo la spesa militare dagli attuali 25 miliardi l’anno a 39: 104 milioni di euro al giorno.

Ma non basta. Il ministro, ormai più della guerra che della difesa, su mandato del governo italiano divenuto una comparsa in questa situazione, si vanta di aver raggiunto un accordo militare Roma-Budapest con il nazionalista ungherese Viktor Orban, per incrementare la cooperazione strutturata in ambito militare, rafforzare l’interoperabilità tra le forze armate, l’addestramento delle truppe e la collaborazione industriale. Un accordo con il razzista che ha eretto un muro di filo spinato lungo i confini con la Serbia e la Croazia per respingere disumanamente le migliaia di migranti, di profughi richiedenti asilo, in fuga dalla guerra in Siria.

Lo stesso Pd, solo due anni fa, dichiarava che quel regime non avrebbe dovuto far parte della Ue. Ma la realpolitik in guerra schiude ogni ipocrisia e chiude le menti, offusca la coscienza e rimuove la memoria storica.

Siamo dentro all’idea del “si vis pacem para bellum”, il motto latino creato a sostegno delle scelte dell’impero romano, quando però si combatteva con spade e lance e non con armi distruttive e bombe atomiche. Siamo ormai alla propaganda, alla retorica, a una cultura e a un’economia di guerra, in dispregio della nostra Costituzione che la ripudia, e in contrasto con l’esortazione del presidente partigiano Sandro Pertini di “svuotare gli arsenali e riempire i granai”.

Concretamente, se non sapremo mettere in campo la mobilitazione sindacale, questi costi da economia di guerra svuoteranno il solito granaio, e saranno scaricati, nel modo più classista e tradizionale, sui ceti popolari e sul mondo del lavoro, con il taglio dello stato sociale e degli investimenti pubblici.

Aumentare le spese militari, armarsi ancora di più come deterrenza e propria protezione nell’era moderna dell’atomica, è un’insopportabile, criminale demenzialità. Come quella di voler costruire un esercito europeo quando non abbiamo mai realizzato un’Europa dei popoli, politica e sociale e una qualsiasi politica estera condivisa.

Il rischio di un’escalation internazionale, continuando, per interessi e ragioni diverse, ad inviare armi e ad ipotizzare il prolungamento della guerra non è impossibile, e potremmo avere conseguenze ben più tragiche, non ipotizzabili a tavolino. Se si dovesse assecondare la richiesta del presidente Zelensky di una “no fly zone”, la situazione potrebbe precipitare verso la terza guerra mondiale.

La guerra in Ucraina ha riportato all’attenzione dell’Europa la follia e le atrocità della guerra. Certo, Putin è il violento invasore nazionalista, il cultore dell’impero russo, uno sciovinista. Peraltro, purtroppo, non l’unico nello scacchiere occidentale e in Europa. Non c’è giustificazione all’invasione e a quel terribile massacro. Ma se non si riconoscono errori, responsabilità, ragioni e cause del conflitto, non si giungerà alla necessaria mediazione, non si fermerà la guerra e non si preverranno le prossime.

Da almeno sette anni gli Usa e la Nato hanno armato l’Ucraina e formato i militari con i loro istruttori. Per anni si è teorizzato e attuato l’allargamento a Est della Nato, preparando irresponsabilmente da parte dell’Occidente la guerra e non la Pace. Una realtà inoppugnabile, viste le dichiarazioni ufficiali del presidente Usa, Joe Biden, e del segretario generale della Nato. La stessa base di addestramento di Yavoriv, in terra Ucraina, bombardata dai russi, vedeva la presenza di soldati dagli Usa, dal Regno Unito, dalla Polonia e da altri paesi. Per anni si è riempita di armi l’Ucraina, addestrato l’esercito e le milizie paramilitari, incluso il battaglione neonazista Azov che si è macchiato di crimini, di torture e di stragi di civili in Donbass e non solo. Si è fomentata la guerra, non preparata la Pace.

La Pace è un nobile sentimento. L’utopia del possibile che deve divenire una politica, un programma, una piattaforma politico-economica e culturale di prospettiva. Se si vuole ripudiare, abrogare la guerra occorre una visione del mondo, entrare nelle contraddizioni, risalire le cause profonde, di ieri e di oggi, delle guerre, compresa questa in Ucraina.

Nel mondo interdipendente le conseguenze di una guerra, come delle sanzioni estreme, si riverbereranno globalmente e per questo non vanno rimossi i tanti conflitti nazionali e internazionali ancora presenti, e si debbono accompagnare gli aiuti umanitari ai profughi con nuove politiche economiche e sociali europee e del governo italiano, di sostegno alla popolazione, al sistema Paese, per evitare ulteriori diseguaglianze, crisi sociali, economiche, industriali, energetiche e alimentari. Occorre ripensare, costruire il possibile mondo di Pace multipolare e multiculturale. Una strada lunga ma percorribile.

Se vuoi la Pace la devi ricercare, preparare e volere con l’azione diplomatica e una politica e una cultura di Pace e di prevenzione delle guerre. Se vuoi fermare la guerra devi armare le coscienze, investire nel progresso sociale, nell’eguaglianza dei diritti e delle possibilità. Non bisogna arrendersi all’idea della guerra, occorre contrastare politicamente e culturalmente chi la invoca, la giustifica, la prepara, e chi la decide e fa enormi profitti mandando al macello intere generazioni.

La guerra per sua natura travolge qualsiasi etica e morale, spazza via ogni barlume di civiltà e di umanità, riproduce e amplia odio, intolleranza e sofferenze per decenni, distrugge territori e annienta vite e speranze, annichilisce ogni solidarietà e ogni umana pietà. La guerra come sempre divide, segna uno spartiacque, determina campi di posizionamento politico, libera ipocrisie e sbugiarda falsi pacifisti, arricchisce i produttori di armi e i mercenari di morte, i moderni lanzichenecchi.

La retorica e l’ipocrisia ormai straripano negli organi di informazione e dilagano in un pezzo sempre più consistente, ancora però minoritario, di un’opinione pubblica sottoposta a un messaggio distorcente, a un pensiero unico che rimuove la memoria storica per far posto agli aspetti emozionali, a riferimenti storici improvvidi e strumentali, e a un’idea di democrazia e di etica occidentale mistificante.

Come scrive Gino Strada nel suo ultimo libro ‘Una persona per volta’: “Non c’è bisogno di avere principi etici intransigenti, né visioni politiche specifiche, per capire che la guerra come strumento non funziona. Basta un minimo di intelligenza, basta solo guardare le cose in modo obiettivo e senza pregiudizi. La guerra, anche quella che si invoca o si fa per porre fine ad altre atrocità, per far finire tutte le guerre, non può funzionare perché è di per sé antitetica alle ragioni che la sostengono; la guerra è la negazione di ogni diritto. La guerra non si può umanizzare, si può solo abolire”.

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