Solidarietà e sostegno al popolo ucraino, ma come? - di Sergio Bassoli

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Le immagini e le testimonianze da Kiev, Kharkiv, Mariupol e dalle altre città ucraine sono tremende, devastanti. Un’intera popolazione spaventata, sotto assedio, in cerca di rifugio in bunker improvvisati o lungo le strade che portano ad ovest, verso Polonia, Romania, Slovacchia, Moldavia. Uomini che si improvvisano combattenti imbracciando le armi e si immolano contro l’invasore russo, in una resistenza armata da guerriglia urbana contro la seconda potenza militare del mondo. Davide contro Golia.

Zelensky, eletto nel 2019 con il 73% di voti, da popolare attore comico si è trasformato in eroe nazionale, rimanendo a Kiev anziché accettare l’ospitalità all’estero, lanciando appelli alla popolazione di resistere in armi e a Nato e Unione Europea per l’invio di armi e munizioni, fino a richiedere una “no fly zone” e l’invio di aerei caccia bombardieri.

L’Ue, gli Usa e il Regno Unito hanno risposto inviando un po’ sistemi di arma, ma senza esagerare, il necessario per alimentare una resistenza da “guerriglia urbana”, concentrando invece la propria azione di contrasto all’invasione russa su un pacchetto di sanzioni che colpiscono l’economia, le transazioni finanziarie, la confisca dei beni degli oligarchi, fino a minacciare la riduzione ed il blocco dell’acquisto di gas e petrolio, per mettere in ginocchio la cerchia di potere di Putin e far saltare il banco del dittatore.

Questa strategia, che vede un’inusuale compattezza in Europa, il ruolo di regia degli Usa e la piena adesione del Regno Unito, ha come prezzo da pagare un forte impatto sulle nostre economie, una crisi energetica che rischia di farci tornare al carbone, un ulteriore e forte aumento della spesa militare, e il rischio che un incidente o una ulteriore escalation del conflitto possa trascinarci tutti dentro la terza guerra mondiale con tanto di armi nucleari. 

Per gli ucraini questa strategia determinerà la fuga di vari milioni di donne, minori e anziani sparsi in ogni angolo d’Europa, la distruzione delle città, la morte di migliaia di uomini e, quale che sia il risultato finale della guerra, il disastro umanitario sarà di enormi dimensioni.

Dall’amministrazione americana ai governi europei, all’unisono, vi è la certezza che questa sia la sola strategia possibile. Ma è vero? Davvero non esistono altre strade? Possibile che davanti alla follia della guerra non sia possibile avere dei dubbi sulle scelte fatte e sull’azione da intraprendere per fermare tutto ciò?

Perché governi ed analisti, di fronte a uno scenario che nel migliore dei casi è una carneficina, non cercano di mettere in campo una strategia differente, che abbia come elementi centrali il rifiuto della guerra e, la salvezza del popolo prima della patria?

Perché non chiedere l’intervento di entità terze, come Onu, Consiglio d’Europa e Osce, legittimate a guidare il negoziato per il cessate il fuoco e per ricomporre il quadro frantumato per le violazioni del diritto internazionale, e per le responsabilità politiche dell’Occidente che non ha saputo prevenire questa ennesima catastrofe?

Perché non pensare innanzitutto alla protezione della popolazione ucraina e mettere in campo proposte ed offerte di mediazione reali, concrete per fermare la guerra?

Zelensky, se ha il coraggio di chiedere alla propria cittadinanza di prendere le armi, dovrebbe avere il coraggio di passare dalla difesa armata alla difesa civile, ordinando che nessuno lasci la propria casa, dichiarando che l’Ucraina rifiuta la guerra, ordinando a esercito e i militari di togliersi le divise, lasciare le armi, per difendere in primis la popolazione e quindi la patria, con il pieno e forte sostegno della comunità internazionale.

Il rifiuto della guerra e un reale tavolo di trattativa, dove ogni parte deve offrire e cedere qualcosa, dovrebbero essere le coordinate della strada da percorrere per fermare le armi e costruire la pace. Tutti insieme, noi, democratici, difensori delle libertà e dei diritti, della pace, semplici militanti e leader politici insieme alla popolazione ucraina, in piazza per le strade delle città ucraine in attesa che entri l’invasore. Un incontro tra invasore armato e popolazione disarmata in mondovisione. Un incontro che farà storia. Cosa pensate che accadrebbe?

Ci sarà occupazione? Sì, ma accanto all’Ucraina ci sarà il mondo interno, le Nazioni Unite, l’Unione europea, i popoli, le nazioni, la politica, le istituzioni, le chiese, i sindacati, le imprese. Ci saranno ancora sofferenze e violenze, certo, ma si sarà fermata la guerra e la parola tornerà alla politica, alla diplomazia, alla popolazione. L’umanità avrà vinto, la guerra sarà la perdente.

Un sogno, un’utopia? No, sarà una realtà se avremo il coraggio di fare i conti con il passato, con i disastri delle guerre, scommettendo definitivamente sull’ideale dell’universalità dei diritti, sull’umanità, sulle libertà, sull’uguaglianza e non sui nazionalismi, sulla nonviolenza e non sulle armi. Mai come in questo momento serve una profonda riflessione su cosa stiamo facendo prima che sia troppo tardi.

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