Quest’anno la scuola riparte in presenza, lo ha stabilito il decreto legge 111 del 6 agosto che ha introdotto il green pass obbligatorio per il personale scolastico. Senonché questa disposizione rischia di non essere affatto risolutiva dei problemi di sicurezza delle scuole derivanti dall’emergenza sanitaria.
Il problema non è tanto quello dei tamponi (gratuiti o meno), su cui è stata dirottata nei giorni scorsi pretestuosamente la polemica politica, cercando addirittura di ridurre il sindacato a posizioni no-vax, sviando l’attenzione dai veri problemi. A scanso di equivoci, lo ribadiamo con forza: siamo per l’obbligo di vaccinazione quale misura sanitaria per tutti. Il green pass invece rischia di essere un surrogato poco efficace, frutto di opportunismo politico.
Infatti il green pass - nato per ristoranti e cinema - mal si adatta alle necessità delle scuole, non solo perché scarica su queste una mole aggiuntiva di adempimenti (il controllo quotidiano del green pass a tutti i lavoratori), ma soprattutto perché è inefficace ai fini della sicurezza comune.
Ad esempio, in un’aula con 25/30 alunni in cui il solo docente abbia il green pass, la circolazione del virus è impedita? Non certo fra gli alunni, i quali in gran parte non sono vaccinati, specie nella scuola del primo ciclo (che copre la metà della platea scolastica) poiché ai ragazzi fino all’età di 12 anni non è consentita la vaccinazione. E neanche tra il personale scolastico poiché il vaccino è una valida difesa dal contagio ma non assicura la totale immunità.
Allora a cosa serve il green pass, tra l’altro a fronte di una categoria di lavoratori già ampiamente vaccinata (al 90%) prima ancora dell’introduzione dell’obbligo di certificazione? Probabilmente a rassicurare propagandisticamente l’opinione pubblica che quest’anno la scuola riprende davvero in presenza. Ma soprattutto a consentire al governo di dismettere tutte le principali - e onerose - misure di sicurezza adottate fino ad oggi per garantire la ripresa delle attività in presenza.
Ancora ad esempio, in classe non è più previsto il distanziamento di un metro tra un alunno e l’altro, misura che da obbligatoria è diventata “raccomandata”, e questo nonostante la cosiddetta variante “delta” del virus che ormai circola maggiormente nel Paese sia molto più contagiosa della precedente. Ciò comporta che nelle aule si manterrà il metro di distanza dove possibile, e dove non sarà possibile basterà la mascherina per difendersi dal virus!
Un’altra misura che il governo ha cancellato è quella che consentiva di sdoppiare le classi particolarmente numerose mediante l’assunzione - grazie ad uno specifico finanziamento - di ulteriore personale docente e ata. La conseguenza sarà che le classi che l’anno scorso sono state opportunamente suddivise ora occorrerà riunirle, con tutti i rischi che ciò comporterà in termini di affollamento. E, a proposito di affollamento, non risulta che il governo abbia potenziato i mezzi di trasporto pubblici utilizzati quotidianamente dagli studenti per frequentare la scuola, al fine di evitare quegli assembramenti che sono una delle principali cause di diffusione del virus specie tra i giovani.
Insomma non c’è alcuna certezza che anche il prossimo anno scolastico il virus non circoli nelle scuole, ed è forte il rischio di un ritorno alla didattica a distanza, almeno per tutte quelle classi che dovessero essere messe in quarantena a causa di alunni eventualmente contagiati.
La responsabilità è di questo governo che ha ritenuto che con il green pass si potesse fare a meno di tutte le altre disposizioni sulla sicurezza in precedenza adottate. Mentre il sindacato, con il “Protocollo sulla sicurezza nelle scuole”, ha impegnato il ministero dell’Istruzione a reintrodurre le principali misure necessarie a garantire la sicurezza, ma anche a risolvere atavici problemi delle scuole: dalle classi “pollaio” all’adeguatezza degli spazi, agli organici, ecc.
Purtroppo ad oggi non c’è ancora alcun riscontro da parte del ministero rispetto agli impegni assunti, e poiché anche su altri versanti - come il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro e le riforme scolastiche previste con il Pnrr - stentano ad arrivare le risposte attese, non c’è altra strada da intraprendere, per quanto difficile in questo contesto, che la mobilitazione sindacale.