Aleida Guevara è arrivata in Italia il 9 giugno, in concomitanza con l’uscita della canzone “Canta” del cantautore Giovanni Caccamo, ispirata alla “Lettera ai figli” che il Che scrisse prima di partire per la sua opera rivoluzionaria nei paesi dell’America Latina, Perù e poi Bolivia, dove fu assassinato. L’Associazione di Amicizia Italia Cuba le ha organizzato nell’occasione una fitta serie di incontri e iniziative in Toscana, Sicilia, Calabria e Puglia.
In Toscana le è stata consegnata una statua raffigurante suo padre, Ernesto Che Guevara, plasmata con il marmo di Carrara, che sarà inviata a Cuba, e ha partecipato a un convegno sull’“Etica della medicina” a Pisa, alla presenza anche del rettore dell’Università, e ad una iniziativa con i portuali di Livorno che si sono rifiutati di scaricare le armi dirette in Israele, in solidarietà al popolo palestinese.
Si è recata poi a Palermo, dove è stata nominata cittadina onoraria, a Messina e poi in Calabria, dove ha parlato, in varie iniziative, sia del bloqueo che affligge Cuba da sessanta anni, sia dei cinque vaccini anti covid che hanno sviluppato nell’isola. Cinque vaccini all’avanguardia e scientificamente validi ed efficaci, grazie all’eccellente organizzazione scientifico/sanitaria di Cuba. Ma, a causa del bloqueo voluto dagli Usa e dai loro alleati, i vaccini rischiano di non poter essere utilizzati, perché mancano le siringhe per fare le somministrazioni delle dosi alla popolazione. Un paradosso tipico del mondo voluto dal pensiero liberale e liberista che tutto ha mercificato, la salute in primis.
Il 25 giugno, a Bari, ha ritirato il premio Magna Grecia Awards promosso da un’organizzazione indipendente no profit che dal 1996 celebra il cuore, il pensiero, l’azione e l’eccellenza. E sono proprio tutte queste qualità che Aleida si porta dietro per quella che è stata la sua vita, dal lavoro come pediatra in Congo e nei paesi sottosviluppati dell’America Latina, all’impegno di portare in giro per il mondo la sua testimonianza dei risultati della rivoluzione cubana, e dell’enorme ingiustizia rappresentata dal bloqueo.
Alla domanda di una giornalista su come si sentisse ad essere figlia di un mito, Aleida ha risposto che suo padre non è un mito, che sarebbe cosa effimera, ma è stato un uomo che ha realizzato quello in cui credeva, ha lottato, ha costruito e ha lasciato una grande eredità etica, ideologica e morale. Questo deve essere un rivoluzionario, che non può essere relegato a figura mitica e utopica, ma persona che agisce per il bene comune e che spende la sua vita per un mondo migliore.
Io ho avuto la fortuna di starle accanto nella sua tappa toscana, quando è stata ospite a Empoli del locale Circolo dell’Associazione di Amicizia Italia Cuba, e devo dire che nell’ascoltarla e nel guardarla non si può fare a meno di portare il pensiero ad Ernesto Che Guevara, il medico, il rivoluzionario, l’intellettuale, l’uomo di Stato che ancora vive nei suoi occhi come nei nostri cuori.