Il “contratto-pirata” de La Nostra Famiglia.
E' notizia di questi giorni. La provincia di Padova è maglia nera per i posti persi nel secondo trimestre 2020. Pure a fronte del blocco dei licenziamenti, la provincia ha registrato una perdita secca di 5.600 posti di lavoro. È il dato peggiore del Veneto.
Oggi i lavoratori dipendenti sono meno della metà dei residenti e, in periodo di Covid-19 e conseguente crisi economica, ricade su di essi il sostentamento di chi in questo periodo è rimasto senza reddito. Ma non c’è mai fine al peggio, perché questi lavoratori devono fare i conti con un rallentamento generalizzato del rinnovo contrattuale. Infatti, chi il posto ce l’ha ancora è in attesa del rinnovo del contratto nazionale, con il presidente di Confindustria Bonomi che sogna rinnovi a zero euro e libertà di licenziare.
Non che Bonomi si discosti molto da chi lo ha preceduto e da qualche politicante. Negli ultimi anni era passata l’idea che togliendo diritti si creavano posti di lavoro, eliminando l’art. 18 l’economia “ricominciava a girare”. La storia naturalmente narra che nulla di tutto ciò è avvenuto, anzi.
Nessuno può dire oggi che la libertà di licenziare ha creato lavoro, al contrario è aumentata la precarietà. Solo per i settori seguiti dalla Funzione pubblica Cgil i lavoratori in attesa di contratto a Padova sono circa 30mila. Contratti ormai tutti scaduti. Circa 22mila dipendenti pubblici hanno il contratto scaduto a dicembre 2018. Poi terzo settore, igiene ambientale, sanità privata.
Il caso più eclatante riguarda proprio quest’ultimo settore, che vede l’ultimo rinnovo nel 2004 scaduto nel 2006. Ben 14 anni senza contratto. Aris (Associazione religiosa istituti socio-sanitari) e Aiop (Associazione italiana ospedalità privata che fa capo a Confindustria), dopo tre lunghi anni di mobilitazioni, avevano già firmato la pre-intesa che per la parte economica vedeva anche l’impegno delle Regioni a coprire il 50% dell’aumento del costo del lavoro. Ma evidentemente ancora non era sufficiente. Aris e Aiop hanno ritirato la firma e rimandato tutto al mittente.
In tutta Italia è partita la mobilitazione, il 24 agosto davanti a tutte le prefetture e il 31 agosto con assemblee nei posti di lavoro, fino alla proclamazione dello sciopero il 16 settembre, perché la mobilitazione non si fermerà. Quello di Aris e Aiop è un comportamento vergognoso che penalizza, ancora una volta, le professioniste e i professionisti della sanità privata, che unitamente ai colleghi della sanità pubblica sono stati definiti eroi durante la grave emergenza sanitaria dovuta al Covid-19. E come i colleghi dei comparti pubblici non si sono tirati indietro affrontando l’emergenza con la stessa professionalità e impegno. Sono stati in prima linea.
La più importante realtà italiana della sanità privata specializzata in riabilitazione delle persone con disabilità, soprattutto bambini e ragazzi è “La Nostra Famiglia”. Una realtà concentrata in soli sei regioni con 28 strutture e 2.400 dipendenti. Ebbene per queste professioniste e professionisti, impegnati anche nella ricerca scientifica attraverso due istituti, e nella formazione, la situazione è anche peggiore.
L’associazione “La Nostra Famiglia” ha disdettato il contratto della sanità privata, l’Aris, a cui ha aderito fino a gennaio, comunicando di aver intenzione di applicarne un altro, peggiorativo: l’Aris per Rsa e centri di riabilitazione, che prevede 38 ore settimanali anziché 36, e una retribuzione inferiore, che può arrivare anche a 3-400 euro in meno al mese. Di male in peggio.
Per queste lavoratrici e questi lavoratori perciò la lotta raddoppia. Cgil, Cisl e Uil hanno preteso la sospensione della disdetta, ottenendo solo in parte soddisfazione poiché il nuovo contratto peggiorativo è applicato al momento solo per i neo assunti. Quindi nelle stesse strutture abbiamo oggi lavoratori con diritti e retribuzioni diverse, pur svolgendo lo stesso lavoro.
La cosa triste di tutta questa vicenda è che si vuole far profitto sui servizi pubblici. Che sia sanità privata o pubblica, a rimetterci in termini di qualità saranno i cittadini. Anzi, a rimetterci sarà soprattutto la parte più debole della società. Speculare su bambini, anziani, disabili e bisognosi di cure va contro i dettati costituzionali. Le mancate tutele per queste figure sono una sconfitta per tutti.
Queste scelte scellerate e irresponsabili vanno respinte, i contratti vanno rinnovati, le Regioni non devono essere complici e dovrebbero attivare una “moral suasion”, revocando subito gli accreditamenti in essere con le strutture rappresentate da Aiop e Aris. l