emendamento al “decreto Rilancio”, presentato dal deputato dem Andrea De Maria insieme ai colleghi parlamentari Serracchiani, Epifani e Soverini, chiede di equiparare i trasferimenti collettivi senza accordo sindacale ai licenziamenti collettivi, dal momento che di fatto producono gli stessi effetti di perdita di posti di lavoro.
Succede perché, nella drammatica situazione provocata dal coronavirus nel mondo del lavoro, che pure già in precedenza risultava in grande affanno, visto il proliferare di contratti e contrattini a termine per milioni di persone, sta prendendo piede il meccanismo del trasferimento per mascherare la volontà dell’azienda di ridurre l’occupazione.
Il caso della Roberto Cavalli, azienda di moda con 170 dipendenti che ha deciso, dopo mezzo secolo di attività nell’area fiorentina, di chiudere il suo stabilimento per andare (in affitto) a Milano, in questo senso è paradigmatico. “Si tratta di un licenziamento mascherato – replicano i lavoratori e i loro delegati sindacali – basta analizzare le proposte dell’azienda per rendersene conto”.
Hanno ragione, perché in sostanza chi si trasferirà, dovendo cercare per forza di cose una nuova abitazione, non avrà incentivi ma solo quanto previsto dal contratto nazionale, una mensilità in più se ha familiari, e mezza mensilità se single. Mentre chi interromperà il rapporto di lavoro – in altre parole sarà costretto a licenziarsi - potrà usufruire del cosiddetto “piano sociale”, con l’erogazione da sette a dieci mensilità, a seconda dell’anzianità di servizio.
Sulla vicenda, fra i tanti, è intervenuto il presidente del Consiglio comunale di Firenze, il metalmeccanico Luca Milani, con un giudizio amaro ma aderente alla realtà: “Pare che l’emergenza sanitaria, che tanto ha inciso sull’economia reale della società, non abbia insegnato niente a chi si occupa di lavoro”.