Dalle Zattere alla Basilica della Salute, una catena umana che reclama discontinuità con il passato.
Sabato 13 giugno, con inizio alle 17, a Venezia c’è stata una grande catena umana lungo la fondamenta delle Zattere, organizzata dal Comitato “No grandi navi” e altre realtà di base dell’Isola e della Terraferma. Obiettivo: dare fiato ad un’ipotesi di ripartenza che non ripeta gli errori del passato, che non si pieghi alla monocoltura turistica, al profitto a discapito del bene comune. Erano presenti numerosi compagne e compagni di varie categorie della Cgil metropolitana di Venezia.
Da diversi anni, e in particolare dalla ‘acqua granda’ straordinaria dello scorso novembre, Venezia è uno dei simboli mondiali della crisi climatica; inoltre l’invasione turistica, a cui era sistematicamente sottoposta prima della pandemia, ha messo in luce gli elementi di insostenibilità sociale e ambientale di quell’industria.
Venezia è anche il simbolo di tante lotte per la giustizia climatica e sociale che, oggi più di ieri, si intrecciano per immaginare collettivamente una ripartenza che non dimentichi la priorità di cambiare il modello di sviluppo inquinante e mortifero che è stato imposto per decenni. Il Covid 19 non solo non può essere usato come scusa per tornare indietro, ma deve essere compreso come uno dei sintomi della crisi di un modello di sviluppo predatorio nei confronti della natura e della vita, un sistema che deve essere radicalmente trasformato.
Venezia e il Veneto vogliono continuare a tenere fuori le grandi navi dalla Laguna, non vogliono nuovi inceneritori, vogliono garanzie che le falde acquifere non siano contaminate da Pfas, non vogliono nuove autostrade, cementificazioni e consumo di suolo. Al contrario vogliono quello che invece il governatore Zaia, come è emerso dalle polemiche di queste settimane, sta continuando a distruggere: un Sistema sanitario pubblico capillare, efficiente e aderente ai bisogni dei territori.
I punti della manifestazione sono stati chiari e possono essere così sintetizzati. Venezia rinasce se: riparte in modo nuovo; la fa finita con la monocoltura turistica; crescono i residenti e si limita la locazione turistica; diventa capitale della giustizia climatica; si difende dagli speculatori; si batte per il reddito, e vengono rispettati i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici. La ristorazione va pensata per i residenti e deve essere onesta con i turisti; l’accoglienza dev’essere di qualità e non solo per ricchi; le grandi navi rimangano fuori dalla laguna e si fermi il Mose.
Ancora: finanziare la sanità pubblica che è un bene comune; diventare una città femminista che costruisce e promuove percorsi e battaglie per contrastare la violenza contro le donne. Scuole, università e ricerca siano fucine di pensiero libero e critico fuori da ogni logica di profitto e speculazione; la cultura deve arricchire le persone e non la rendita immobiliare.
Venezia rinasce se non si costruiscono nuovi inceneritori; se si avviano le bonifiche e la riconversione ecologica di porto Marghera; se ripensa a una nuova mobilità potenziando il trasporto pubblico; se non si trasforma la terraferma nel dormitorio turistico low cost del centro storico; se si impedisce la cementificazione delle sue aree verdi e si fermano le speculazioni immobiliari; se si rilancia un nuovo piano straordinario di welfare cittadino; se si recuperano e si restituiscono ad un uso pubblico e collettivo gli spazi abbandonati; se mette al centro il mondo della scuola pubblica investendo nell’edilizia scolastica e garantendo un reale diritto allo studio; se parte dai giovani investendo in termini di risorse, spazi e servizi.
Su queste parole d’ordine la laguna è stata colorata da uno striscione di 300 metri, il più grande della storia della città. Centinaia di persone hanno scelto di unirsi in una lunghissima catena umana, capace di abbracciare idealmente l’intera città. Un abbraccio diventato un corteo spontaneo che dalle Zattere è giunto alla Basilica della Salute. Quella Salute costruita proprio dopo la peste del 1630, e simbolo di rinascita della città dal peggior flagello che l’abbia mai colpita nella storia.
Le centinaia di persone e le decine di associazioni, gruppi, sigle che hanno aderito alla catena umana hanno scritto un’idea di città capace di rinascere veramente, partendo dai cittadini e dalle loro istanze e necessità, dai giovani, dalla sanità pubblica, dai lavoratori, dall’ambiente. Queste parole d’ordine hanno occupato l’intera riva per più di un’ora, con il lungo striscione di 300 metri accompagnato da cartelli, cori e performance di artisti e musicisti.