Questione salariale e nuova legislazione del lavoro in un convegno della Rivista giuridica del lavoro.
La Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale, assieme alla Cgil nazionale, alla Cgil Emilia-Romagna e alle rispettive Consulte giuridiche, hanno organizzato il 15 novembre scorso a Bologna un convegno di presentazione del numero 2/2019 della Rivista, dedicato al tema “La questione salariale”. La questione salariale, mai come ora, costituisce il banco di prova più importante per misurare la capacità del sindacato di rappresentare il mondo del lavoro.
Il ruolo sempre più pervasivo della deregolamentazione (e ri-regolazione in senso deteriore) dei sistemi di protezione del lavoro, intesa come strumento principale per attuare quelle “riforme strutturali” che hanno costituito il mantra delle politiche liberiste tra la fine del ‘900 e l’inizio del nuovo millennio, è stato messo bene in evidenza nel saggio introduttivo della Rivista, per mano dei due economisti Brancaccio e Giammetti. E infatti è proprio dal ruolo di quelle riforme strutturali, la cui efficacia gli autori analizzano e smitizzano, che occorre partire per rappresentare quali potrebbero essere le richieste che il sindacato dovrebbe portare avanti, nei confronti della nuova maggioranza governativa, per affrontare efficacemente la questione salariale, al netto – ovviamente – dell’imprescindibile azione di politica sindacale.
Partendo dagli interventi normativi più settoriali, si potrebbe definire a ritroso quest’ordine di priorità individuando, come primo passo, l’abrogazione dell’articolo 8 della legge 148/2011, sia per il suo valore simbolico-sistematico di elemento destrutturante del sistema contrattuale, sia per preservare la fonte normativa legislativa.
Un secondo passo andrebbe individuato in una legge che ripristini la parità di trattamento già stabilità dall’articolo 3 della legge 1369/1960. Il ripristino di siffatta normativa, eliminata in modo sciagurato dalla legge Biagi, sarebbe un elemento di pulizia e di moralizzazione di un sistema, come quello delle esternalizzazioni, dove si annidano sfruttamento e disuguaglianze intollerabili.
Come terzo step sarebbe necessaria l’adozione di una legge di sostegno alla contrattazione collettiva nazionale più rappresentativa, che dia attuazione ai precetti dell’articolo 36 della Costituzione in materia retributiva. A questo proposito, è positivo il fatto che il mondo politico si sia concentrato su questo fondamentale tema negli ultimi mesi nella speranza che, passata la tempesta della legge di stabilità, le due forze politiche di maggioranza parlamentare trovino un accordo che possa garantire quell’attuazione.
Il quarto, e quindi più importante passo che la Cgil deve chiedere al legislatore è certamente quello di dare attuazione all’articolo 39 della Costituzione. Non occorre certamente ritornare su quanto ciò sia essenziale per un sistema trasparente e democratico di relazioni industriali, prova ne sia il fatto che la nostra volontà è ben scolpita nel titolo II della Carta dei diritti depositata in Parlamento. In questo modo, ad esempio, potrebbe essere possibile assestare un colpo mortale al drammatico fenomeno del dumping contrattuale derivante dall’incontrollata proliferazione dei contratti collettivi nazionali privi di qualsiasi rappresentatività.
Non c’è dubbio che un sistema regolativo ricondotto su binari maggiormente rispettosi del dettato costituzionale renderebbe certamente un buon servizio alla causa dei lavoratori, migliorando le condizioni di moltissimi di loro.
Il quadro, tuttavia, non sarebbe completo se non si facesse un doveroso riferimento a tutto quel mondo del lavoro che fino ad oggi è rimasto nell’oscurità e non ha ricevuto un’adeguata protezione, ossia quello che volgarmente viene ascritto alla cosiddetta gig economy. In realtà il fenomeno è assai più ampio di quanto si creda, e il tema del lavoro sulle piattaforme digitali sarà sempre più pervasivo e all’ordine del giorno. In questo senso è comunque da accogliere con favore l’approvazione della recentissima legge 128/2019 che amplia lo statuto protettivo per la subordinazione ai collaboratori etero organizzati, e attribuisce alcune importanti tutele ad una parte di quei lavoratori delle piattaforme, i riders.
Consideriamolo quindi un banco di prova e di sperimentazione, non solo per la dottrina, ma anche e soprattutto per il sindacato: mai come ora, quindi, vale l’idea di una contrattazione inclusiva, efficacemente sintetizzata nel titolo del documento della Segreteria nazionale “Il lavoro si fa strada”.