Sopravvissuta ad Auschwitz, la quasi novantenne Liliana Segre è finita sotto scorta, dopo essere stata vittima da un anno a questa parte di una impressionante escalation di offese e minacce, fino a 200 messaggi di insulti al giorno. Una notizia del genere, che ha dell’incredibile, testimonia dello stato patologico della società italiana. “Ci sono dei confini che non devono essere superati”, denunciava pochi mesi fa il poi riconfermato sindaco di Prato, Matteo Biffoni, contestando il via libera di Prefettura e Questura ad una manifestazione di Forza Nuova per celebrare i cento anni dei fasci di combattimento. Ecco, quello che sta accadendo a Liliana Segre conferma che il vaso è colmo.
Quale la sua colpa? “Dopo aver perso tutta la mia famiglia – raccontava Segre in estate a rassegna.it - da trent’anni ho iniziato a insegnare nelle scuole, in quanto testimone di quegli orrendi crimini. Mi rivolgo ai giovani e parlo loro di forza e impegno nelle cose che fanno, che la vita vinca sempre sulla morte, che l’amore vinca sempre sull’odio”. Insegnamenti intollerabili, per chi dell’odio, della violenza e della morte continua a fare culto. Così come intollerabile ai loro occhi - non per caso l’escalation di minacce è nata allora - è stata la richiesta dalla senatrice a vita, con una proposta di legge, di istituire una “Commissione parlamentare di indirizzo e controllo sui fenomeni di intolleranza, razzismo e antisemitismo, e istigazione all’odio e alla violenza”.
Da Segre a Centocelle. Nel cuore di Roma si bruciano i locali, dalla libreria antifascista Pecora Elettrica al Baraka Bistrot, perché fanno vivere un quartiere storico e danneggiano gli affari di chi controlla i traffici di stupefacenti, e di chi vuole il controllo del territorio senza “zecche rosse” fra i piedi. Pusher e fascisti.