Dall’assemblea nazionale di Napoli la conferma della struttura assembleare di un movimento di massa spontaneo. Inaccettabile rimanere immobili e indifferenti mentre veniamo privati del nostro futuro.
Troppo spesso si tende a identificare Fridays For Future con il volto dell’attivista Greta Thumberg. Sicuramente dobbiamo tanto a lei, perché ha dato voce a una generazione che per anni è stata sottovalutata e considerata indifferente a qualsiasi problema sociale e politico. Dal suo esempio è nato un movimento di milioni di ragazze e di ragazzi che invadono le strade di tutto il mondo, puntando il dito contro i veri colpevoli della crisi climatica. Perciò, anche se Fridays For Future fa riferimento alla giovane attivista svedese come punto di partenza, nel tempo si sta evolvendo seguendo un proprio percorso.
Fridays For Future è un movimento di massa spontaneo. Questa caratteristica ha dei pro e dei contro: se da un lato ha fatto interessare alla questione climatica moltissimi adolescenti e non solo, dall’altro non sono poche le difficoltà nell’organizzazione. Nonostante ciò a mano a mano stiamo prendendo sempre una maggiore consapevolezza di quanto sia necessaria questa lotta.
In Italia abbiamo fatto nostra la pratica assembleare. Dal report della seconda assemblea nazionale, tenuta a Napoli il 5 e 6 ottobre, possiamo leggere: “Rivendichiamo l’autonomia e sovranità delle assemblee locali, in quanto linfa vitale del nostro movimento e di cui le assemblee locali sono spazi decisionali. Crediamo infatti che la forma assembleare garantisca un modello decisionale partecipativo, aperto e orizzontale. Dalle assemblee locali infatti devono emergere le esigenze di mobilitazione, di organizzazione e di approfondimento. L’altro spazio decisionale collettivamente riconosciuto è l’assemblea nazionale, dove si prendono decisioni specifiche di interesse nazionale, e che serve per dare le linee guida da seguire”.
Oltre alla parte organizzativa, a Napoli abbiamo anche ribadito gli obiettivi concreti del movimento: “Non vogliamo più sussidi sui combustibili fossili, vogliamo una tassazione che colpisca i profitti della produzione e non solo il consumo. Pretendiamo l’obiettivo di emissioni zero entro il 2030 per l’Italia, vogliamo la decarbonizzazione totale entro il 2025, passando a una produzione energetica totalmente rinnovabile e organizzata democraticamente con le realtà territoriali”.
Questi obiettivi darebbero un notevole contributo allo scioglimento di uno dei nodi centrali di questa società, su cui ci siamo soffermati a lungo nell’assemblea di Napoli, ovvero il noto ricatto tra lavoro, salute e ambiente. Molto spesso si parla di questo argomento come di un conflitto irrisolvibile, specie in certi casi si dice che uno escluda gli altri. Il nostro movimento pensa che, per risolvere problemi tanto profondi, l’unico modo sia arrivare alla radice del sistema che li ha creati. Lo stesso che ha infatti prodotto ecomostri giganteschi che costringono gli operai a dover scegliere fra assicurare un pasto ai loro figli il giorno dopo, o la sicurezza di una vita sana in un terra incontaminata anche dopo anni. Riteniamo che accettare una realtà tanto ignobile sia senza senso, come lo è anche rimanere immobili e indifferenti mentre veniamo privati del nostro futuro.