Non piace ai sindacati confederali l’idea di creare un Fondo di previdenza complementare pubblico gestito dall’Inps, fondo che l’esecutivo vorrebbe mettere in campo già con la prossima legge di bilancio, “guardando in particolare ai giovani”. In risposta, Cgil Cisl e Uil hanno osservato puntualmente che sarebbe invece necessario cambiare la legge Fornero, creando una vera pensione di garanzia per i giovani, invece di mettere in cantiere un fondo che non darebbe certo risposte al problema del futuro previdenziale di chi ha carriere discontinue.
“Dare una pensione di garanzia ai giovani non significa farlo attraverso i fondi complementari – sintetizza Maurizio Landini – mentre noi da tempo chiediamo di riformare la legge Fornero in modo serio, e costruire le condizioni per una pensione di garanzia”.
Purtroppo anche il nuovo governo da quell’orecchio proprio non ci sente: nella bozza di programma, in tema di lavoro, manca la riforma del sistema previdenziale – la legge Fornero – al pari di quella del jobs act. Più in generale non c’è una discontinuità sulle tutele e sulle garanzie: non è certo il giusto compenso per le partite Iva che può bilanciare l’assenza del ripristino dell’articolo 18 e la sua estensione, e appunto una nuova normativa sui problemi previdenziali e sociali delle generazioni più giovani. Quelle che, come rileva perfino la Caritas, sono diventate la punta di lancia delle nuove povertà.
Piccolo inciso finale: se Luigi Di Maio, capo politico del M5s, ha spacciato come “inizio del cambiamento del jobs act” il cosiddetto decreto dignità, la verità è che il provvedimento del vecchio governo Conte ha solo cristallizzato l’occupazione a termine: i precari erano 3 milioni e 180mila nel luglio del 2018, e sono rimasti 3 milioni e 209mila nel luglio scorso.