La Spagna verso nuove elezioni? - di Vittorio Bonanni

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Sembra destinato a fallire il confronto tra Psoe e Unidas Podemos per dare al paese un governo di sinistra. 

E' rimasto poco tempo in Spagna per evitare ennesime elezioni e dare al paese un nuovo governo di sinistra. Se entro il 23 settembre non ci sarà l’accordo tra il Psoe (Partito socialista operaio spagnolo) di Pedro Sanchez e Unidas Podemos di Pablo Manuel Iglesias, si tornerà inevitabilmente a votare.

L’estate che sta finendo è stata caratterizzata da un continuo altalenare con frenetiche trattative alternate da tre mesi di stallo. L’ostacolo principale erano state le richieste di Podemos considerate dai socialisti eccessive: una vicepresidenza e cinque ministeri, sui 17 totali. Ma in realtà accettabili se consideriamo che il leader del partito nato dalla rivolta degli Indignados si era fatto da parte, e Podemos aveva accettato di rinunciare ai cosiddetti “ministeri di Stato”, quali interni, esteri, difesa e giustizia. Restava eccessiva per il Psoe anche la richiesta per Iglesias di ottenere i dicasteri chiave per imprimere una svolta alle questioni sociali, come quello della sanità, del lavoro, e della scienza e università, offrendo al contrario a Podemos quello della casa, della salute e dell’uguaglianza.

A rendere più complessa la situazione sono subentrate anche le pressioni di Esquerra Repubblicana de Catalunya e dei nazionalisti baschi del Pnv. Se da un lato il basco Aitor Estéban ha strigliato entrambi i partiti, accusandoli di essere incapaci di formare un governo e annunciando a luglio un’astensione, Esquerra, attraverso il suo portavoce Gabriel Rufiàn, ha detto che le sinistre tutte “si pentiranno per questa mancata investitura”, accusando sia Sanchez che Iglesias di essere responsabili di questo fallimento. Il primo per la sua testardaggine nel mettere il veto nei confronti di Podemos, il secondo per la sua intransigenza. E spostare la trattativa a settembre, come sta avvenendo in questi giorni, renderà tutto più difficile con il processo contro gli indipendentisti in corso, compreso il leader di Erc che costringerà probabilmente questo partito a votare contro.

Alla fine si registra il fallimento della trattativa, con la rinuncia di Sanchez a proseguire il dialogo e con due vie d’uscita all’orizzonte, l’astensione della destra o la ripresa delle trattative con i viola. Cosa che sta avvenendo in questi giorni, dopo cinque settimane di disinteresse da parte socialista. Ma il pessimismo è d’obbligo ed è confermato dalle notizie che stanno arrivando mentre scriviamo. Fin dalla ripresa dei negoziati il Psoe ha sottolineato di non voler più sentir parlare di coalizioni, chiedendo a Podemos di sostenere l’esecutivo esternamente senza entrare con dei ministeri e l’appoggio di 370 misure mentre Iglesias e compagni chiedevano una vicepresidenza e tre ministeri. Niente da fare. Sanchez ha fatto capire che al massimo proporrà ad esponenti vicini ai viola meccanismi di controllo dell’esecuzione del programma, la presidenza di qualche ente e via dicendo. Tanto da rendere inutile la riunione del 10 settembre di quasi quattro ore che ha portato le due forze politiche ad una molto probabile rottura.

Ricordiamo che la Spagna è andata al voto lo scorso 28 aprile, quando i socialisti hanno ottenuto una maggioranza schiacciante che però non consente loro di ottenere la maggioranza assoluta. Secondo Rai News, i portavoce dei due gruppi politici, dopo la riunione a palazzo delle Corti di Madrid, hanno espresso negatività sul proseguimento della negoziazione. Per Adriana Lastra del Psoe non si vede “via d’uscita a questa situazione da parte di Unidas Podemos sull’opzione che proponiamo. Non esiste via per trovare l’accordo”. Per il partito di Iglesias ha invece risposto Pablo Echenique, il quale ha seccamente sostenuto che “il Psoe non cambia il suo pensiero di formare un governo a partito unico, come se avesse la maggioranza assoluta”.

Sui 350 seggi alla Camera, i socialisti ne avrebbero bisogno di 176 e attualmente ne hanno solo 123. Insieme a Podemos arriverebbero a 165. Con l’accordo con i sei deputati del Pnv, e con i 15 di Esquerra repubblicana pronti ad astenersi, la maggioranza si ridurrebbe a 167. Per il momento non sono previsti altri incontri, e se non ci saranno nuovi sviluppi positivi della vicenda si andrà di nuovo alle urne il 10 novembre.

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