Anche se non aggiornato alle ultime stesure del testo, un comunicato della sezione padovana dei Giuristi democratici, che delinea motivi e obiettivi del “salviniano” decreto sicurezza bis.
Forse non ce la farà, stavolta, il ministro più mortifero per la democrazia a far passare il suo ennesimo atto persecutorio contro la solidarietà, il preannunciato decreto sicurezza bis, il cui scopo è – anche - quello di imporre le proprie (illegittime) decisioni sull’intera compagine governativa.
Il forse è d’obbligo, visto il quadro delle norme che fino a oggi questo governo ha licenziato, dal primo decreto sicurezza alla legittima difesa. La nuova proposta di decreto sicurezza ha caratteristiche davvero sconcertanti, tra cui, in primis, quella di avocare di fatto al ministero dell’interno ogni decisione in materia di soccorso internazionale. Con la possibilità, introdotta dall’articolo 2 del testo di decreto, per il ministro dell’interno di vietare transito e sosta di navi nel mare territoriale “per motivi di ordine e sicurezza pubblica”, e comunque in caso che la nave (straniera) sia impegnata nell’attività di “carico o scarico di materiali, valuta o persone in violazione delle leggi e dei regolamenti doganali, fiscali, sanitari o di immigrazione vigenti nello Stato costiero”. Per farlo, il decreto si occupa persino di modificare il Codice della navigazione!
Sui porti decido io, il motto salviniano oggi inattuabile e che si cerca di realizzare con il decreto sicurezza bis. Chiaro e preoccupante quindi il tentativo di accentramento di poteri in capo al ministro dell’interno, con un’estensione mai vista, dopo la Liberazione del nostro paese dal fascismo.
Fermare definitivamente la solidarietà e i salvataggi in mare, ad ogni costo e con ogni mezzo, l’altro obiettivo dichiarato del nuovo decreto Salvini; il nuovo mezzo utilizzato è quello della sanzione economica: da 3.500 a 5.500 euro di multa per ogni naufrago salvato in barba alle vedette libiche e non riconsegnato ai torturatori, oltre alla sospensione o revoca di ogni licenza amministrativa “nei casi più gravi o reiterati”.
Questo perché, nonostante gli accordi con la Libia che il nostro paese ha stretto e mantiene vergognosamente in vita (con guerra in corso e tortura accertata e regolarmente praticata), nonostante la regolamentazione capestro imposta alle Ong dal precedente governo (ministro Minniti), il soccorso in mare ha ripreso fiato, grazie alla straordinaria mobilitazione della piattaforma Mediterranea (che ringraziamo e sosteniamo), e dimostrato che salvare vite umane non è reato, mai. I sequestri operati sono decaduti, e speriamo ciò avvenga anche per quello disposto pochi giorni fa, con l’ultimo sbarco a Lampedusa, nei confronti della Mare Jonio.
Altro obiettivo del ministero dell’interno: fermare con ogni mezzo la protesta, anche a terra, con ulteriori norme penali, che appesantiscono il quadro già serio determinato dal precedente decreto (reintroduzione del reato di blocco stradale, aggravamento pene per i reati “sociali”, occupazione di case in primis): con il nuovo testo si propongono pene fino a un anno di reclusione per i promotori o partecipanti a manifestazioni non preavvisate, se nel corso delle stesse avvengono danneggiamenti. E si introduce persino il reato di “resistenza passiva” (l’utilizzo di scudi o altri oggetti di protezione passiva ovvero materiali imbrattanti e inquinanti). Il lancio di razzi, petardi, fuochi artificiali, fumogeni, gas urticanti vale invece da uno a quattro anni di pena. E ancora: introduzione di aggravanti ulteriori (quella di aver determinato impedimento, ostacolo o ritardo ad attività di soccorso pubblico); esclusione della valutazione sulla particolare tenuità del reato se riguarda pubblici ufficiali; innalzamento della pena per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale fino a 4 anni, e per il reato di danneggiamento fino a 5 anni, se commesso nel corso di manifestazioni pubbliche. Insomma, un campionario penale che tende a colpire più possibile ogni forma di protesta, e a restaurare criteri di intoccabilità delle forze dell’ordine, di chiaro stampo autoritario.
Mentre continuiamo a cercare di demolire il primo decreto Salvini in ogni sede opportuna e possibile, ci auguriamo che di tutto questo armamentario autoritario ed autocratico non passi una riga. Sarebbe gravissimo, ingiustificabile, e richiederebbe davvero risposte corali e adeguate al massacro dei principi di diritto in atto.