Solo circa il 7% di strade e piazze è intitolato a donne. Abbattere l’invisibilità femminile è uno strumento essenziale per una società egualitaria.
La questione delle pari opportunità tocca i campi più svariati dell’organizzazione sociale, compresa la toponomastica cittadina, dove nella media italiana le intitolazioni a donne raggiungono circa il 7% appena. L’obiettivo del raggiungimento paritario potrebbe sembrare voluttuario, superficiale e irrilevante, se non si considera che la struttura sociale ha sempre autogiustificato i propri misfatti umani nell’indifferenza, ed ha perpetuato così nelle coscienze l’inferiorità e il disvalore di intere masse sociali ritenute economicamente improduttive, ovvero strumenti residuali e secondari dell’ingranaggio della convivenza.
Si dice che per secoli si è guardato alle donne senza vederle. Dunque l’invisibilità è da ritenersi lo strumento cardine da abbattere verso una società egualitaria.
Le intitolazioni viarie e monumentali costituiscono nella sedimentazione interiore dei cittadini importanti punti di riferimento e di orientamento civile. Ad esempio, se nella comunità dove vivo troverò solo intitolazioni a eroi e grandi uomini, come di fatto succede, instillo quotidianamente in me l’assenza del femminile come disvalore. E introietto invece la concomitante e aberrante visione borghese femminile che circoscrive i luoghi delle donne in casa-chiesa-bambini.
Un grande sforzo “sindacale” deve essere fatto da gruppi della comunità civica per trattare l’argomento, e organizzare puntualmente petizioni per attribuire a donne gli spazi ormai reperibili e quelli che si creano nella toponomastica del proprio ambiente. Abbiamo una marea di donne importanti per il ruolo che hanno svolto nell’avanzamento della civiltà, obiettivi raggiunti più spesso da sole che con gli uomini. Basta “guardare” per riconoscerle, e voler restituire il posto che spetta loro nell’orizzonte della toponomastica, fatto che rende la concezione della persona anche fisica delle donne rispettabile, e non calpestabile né violabile.
La maggior parte delle recenti intitolazioni appartiene a Rita Levi Montalcini (decennale ormai l’attività di “Toponomastica femminile” nel sito omonimo), ma non mancano intitolazioni a collettività come “Via delle lavoratrici” o a singoli mestieri (Via delle gelsominaie).
La rivendicazione delle pari opportunità in tutti i campi è stato un portato delle lotte per l’avanzamento umano sfociate dal Novecento, che per contrasto da secolo gigantesco (varie rivoluzioni, due guerre mondiali, fine del colonialismo, movimento suffragette, ecc.) è stato spesso degradato da intellettuali che fanno “la Storia” nella definizione di “secolo breve”.
Anche la toponomastica femminile è una questione di sostanza della civiltà: le parole sono fiaccole poste a illuminare il buio dell’arretratezza.