Sospeso lo sciopero del 17 maggio. Solo alla fine del confronto avviato con il Miur si potrà valutare se lo sciopero andrà revocato, o se la mobilitazione dovrà riprendere ancor più vigorosamente.
Nella notte tra il 23 e 24 aprile il governo ha firmato un’intesa sui temi dell’Istruzione con Flc Cgil, Cisl Fsur, Uil Scuola Rua, Snals e Gilda, che avevano proclamato lo sciopero di categoria per il 17 maggio. L’intesa è arrivata pochi giorni dopo il tentativo di conciliazione, in occasione del quale il ministro dell’istruzione Bussetti non aveva dimostrato alcuna disponibilità ad accogliere le richieste, tanto da determinare i sindacati a proclamare la mobilitazione. Successivamente nella compagine governativa deve essere prevalsa la preoccupazione per uno sciopero, a pochi giorni dalle elezioni europee, che sempre più andava raccogliendo il consenso di una categoria il cui orientamento, già in altre occasioni, ha fortemente influenzato l’esito elettorale.
Questo ha portato il presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte (addirittura) a convocare i sindacati di categoria a Palazzo Chigi, per una serrata trattativa conclusa con un’intesa che ha affrontato tutti i principali temi oggetto della mobilitazione: la questione del rinnovo contrattuale, del precariato, e del regionalismo differenziato.
Riguardo al primo punto n discussione, il governo si è impegnato a rinnovare il contratto (scaduto a dicembre scorso), prevedendo per il triennio 2019-21 il pieno recupero del potere d’acquisto delle retribuzioni dei lavoratori del comparto Istruzione e Ricerca. Inoltre, al fine di valorizzare il ruolo di docenti e Ata nella società, il governo si è impegnato a reperire risorse aggiuntive per avvicinare gli stipendi del personale scolastico alla media dei colleghi dei paesi europei.
Quest’ultima è una importante acquisizione, perché nella legge di bilancio 2019 le risorse stanziate non bastano a coprire neanche metà dell’inflazione prevista nel triennio (1,9%, a fronte dell’Ipca al 4,1%). Un’acquisizione che necessariamente dovrà essere estesa, a partire dalla prossima legge di bilancio, a tutto il pubblico impiego che similmente attende il rinnovo contrattuale.
Sul secondo punto, l’intesa riconosce l’esigenza di dare un’immediata risposta ai tanti lavoratori precari del comparto, che da anni con il loro lavoro garantiscono la funzionalità di scuole, università ed enti di ricerca. In loro assenza, anche per i numerosi pensionamenti per “quota 100” previsti per il prossimo anno, non potrebbe essere garantita la continuità e la qualità delle attività svolte. Per questo si prevede di definire percorsi di stabilizzazione, in grado di garantire l’immediata occupazione del personale precario a partire dai docenti della scuola con 36 mesi di servizio.
Infine, sul regionalismo differenziato - ovvero sul rischio di frantumazione che la richiesta di maggiori poteri avanzata da alcune Regioni potrebbe arrecare all’unità, alla qualità ed uguaglianza del diritto all’istruzione sul territorio nazionale - il governo si è impegnato a salvaguardare l’integrità del sistema nazionale d’istruzione garantendo l’unitarietà degli ordinamenti statali, dei curriculi e del governo delle istituzioni scolastiche autonome, nonché prevedendo il reclutamento uniforme del personale in tutto il paese, e con inquadramenti giuridici regolati esclusivamente dal Ccnl. È questo un importante punto di acquisizione, ma anche quello più critico e delicato.
Con l’intesa infatti è stato segnato solo un primo punto riguardo ad un progetto sciagurato di frantumazione dei diritti dei cittadini in base al luogo di residenza. Ma questo progetto secessionista, che non riguarda solo l’istruzione ma l’insieme dell’amministrazione pubblica, è ancora in campo nel suo complesso, e occorrerà un impegno più diffuso e determinato nel paese, a partire dal ruolo che potrà e dovrà svolgere la stessa Confederazione, perché sia sconfitto definitivamente senza alcun cedimento e/o concessione.
Va comunque detto che anche gli altri punti dell’intesa, quelli più sindacali, non sono acquisiti definitivamente, ma è previsto l’avvio di un confronto con il Miur, attraverso tavoli tematici, con l’obiettivo di tradurre gli impegni assunti in atti concreti. È evidente che l’esito di questo confronto non è affatto scontato e risulta fortemente condizionato dalla litigiosità di questo governo, oltre che dalla difficile fase politica ed economica che attraversa il paese.
Si tratta però di una sfida a cui non ci si può sottrarre, e il sindacato dovrà fare la propria parte. Solo all’esito di questo confronto, già avviato il 6 maggio, si potrà valutare se lo sciopero andrà definitivamente revocato, o dovrà riprendere ancor più decisamente la mobilitazione della categoria.