Nell’ambito della quinta edizione delle Giornate del Lavoro di Lecce, al fine di rilanciare e sviluppare i contenuti della campagna “Diritti in Gioco”, Slc e Nidil con il contributo della Cgil hanno promosso iniziative di approfondimento, discussione e confronto sul tema dello sport e del lavoro nelle attività sportive. Si sono succeduti importanti e partecipatissimi momenti, segnati da autorevoli interventi di dirigenti sindacali, rappresentanti degli enti di promozione sportiva, associazioni riferite allo sport professionistico e dilettantistico.
Non si è trattato di iniziative rituali, bensì di momenti caratterizzati da analisi, valutazioni e proposte finalizzate ad affrontare e risolvere le tante e complesse problematiche connesse al funzionamento del sistema sportivo nel nostro paese. Importante e centrale è la disponibilità fornita, da parte di tutti gli intervenuti, a lavorare su un’ipotesi di alleanza per lo “sport per tutte e tutti”, mettendo al centro lo sviluppo e la dignità del lavoro, rimuovendo contestualmente le cause che impediscono l’accesso universale alla pratica sportiva.
E’ una disponibilità che occorre raccogliere e sviluppare, a livello nazionale e nei territori, al fine di costruire e sostenere proposte – attraverso la definizione e poi l’azione di un’ampia alleanza – che traguardino verso le necessarie modifiche legislative, l’affermazione di una consapevole cultura, il superamento di impedimenti alla piena affermazione dello sport, inteso come “diritto di cittadinanza” in quanto rilevante fattore di benessere psico-fisico e sociale, e parte integrante di una concezione di welfare moderno, efficiente e solidale.
Occorre, infatti, ricordare come l’attività fisica e sportiva rappresenti un nevralgico aspetto nella prevenzione primaria della salute fisica e mentale, nella cura, nella riabilitazione e nel mantenimento, in tutte le fasi della vita e per qualunque condizione sociale. Al pari lo sport, in particolare quello di base, può veicolare importanti valori connessi al contrasto dell’emarginazione e dell’esclusione, alla valorizzazione delle diversità, alla deterrenza verso ogni forma di discriminazione e di razzismo, per l’accoglienza e l’integrazione.
Purtroppo il nostro paese continua a detenere disdicevoli record negativi per quanto attiene la dimensione della pratica sportiva, con percentuali altissime di sedentarietà che tendono – sempre di più, anche a causa di un carente sistema educativo – a coinvolgere i giovani ed i bambini, con sensibili ricadute sullo sviluppo psico-fisico e sui comportamenti delle nuove generazioni. Siamo in presenza di una vera e propria emergenza dettata da un “modello sportivo” che, dal dopoguerra ad oggi, è risultato assolutamente fallimentare, scaricando prevalentemente su ogni singolo i costi della pratica sportiva e l’apprendimento dei benefici connessi all’attività fisica.
L’altro corno dell’emergenza riguarda il lavoro che, nel complesso delle attività sportive, interessa più di un milione di persone, la stragrande maggioranza delle quali priva di diritti e tutele, a causa dell’atavica precarietà che segna un settore permeato da quel “volontariato” che spesso cela “lavoro nero e sommerso”. Sono molte ed eterogenee le problematiche, e interessano diverse figure professionali, non ultima quella degli atleti, per i quali (quando dilettanti) non esiste nemmeno un inquadramento sotto il profilo del diritto del lavoro, escludendoli da ogni copertura contributiva e previdenziale. Una questione che interessa particolarmente le donne, escluse completamente, attraverso una non più tollerabile discriminazione, dal “professionismo sportivo”. Vi è poi il tema della “formazione e della professionalità”, quasi sempre trascurato, e invece assolutamente centrale, soprattutto per la qualità del lavoro di preparatori, allenatori ed istruttori.
La complessiva condizione qui descritta è connessa anche all’anomalia di uno Stato che, diversamente da quanto avviene nelle altre nazioni sviluppate, ha storicamente “appaltato” il funzionamento del sistema sportivo al Coni, rinunciando a svolgere – ferme restando le prerogative, l’autodeterminazione e l’autonomia degli attori dello sport - le necessarie funzioni di programmazione, indirizzo e controllo.
Da quest’ultimo punto di vista, non fa ben sperare la “soppressione” del ministero allo Sport, che appare sostanzialmente teso a ribadire il “disimpegno” dello Stato sul tema. E’ quindi urgente definire iniziative per proseguire lungo la strada che porta ai diritti e alle tutele per tutte e tutti. Al diritto di cittadinanza allo sport, universale e per tutti. Ai diritti e alle tutele per quanti lavorano nell’ambito delle attività sportive.