Mobilitazione antirazzista - di Donatella Ingrillì

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Alcune testimonianze sul significato della mobilitazione al porto di Catania, contro il sequestro di profughi sulla nave militare Diciotti. 

Vittorio Turco, insegnante, da sempre nella Flc Cgil, nel movimento e nella sinistra sindacale, è stato al porto di Catania sin dal primo dei cinque lunghissimi giorni di presidio di fronte alla nave Diciotti. Ecco le sue riflessioni. “La mattina di martedì 21 ci ritroviamo in 20-25, gli irriducibili antirazzisti, i dirigenti-militanti di Usb e Cobas, i soliti ‘ostinati e contrari’ della Cgil catanese, qualche professoressa libera pensatrice, i soliti quattro gatti. Perché lì? Perché in quel frangente? Perché abbiamo lasciato le famiglie, i lidi, le case di villeggiatura al fresco, per essere lì? Perché era necessario. E perché occorre ‘tradire’ ogni appartenenza e ogni ritualità sociale per sovvertire l’ordine costituito delle cose, della storia, della gabbia delle abitudini. Anche se ci sembra inutile, anche se ci sembra poco opportuno politicamente”.

Al porto si era rafforzata la presenza militante di tanti ragazzi e ragazze, non solo catanesi, in aggregazioni spontanee o con le bandiere di Potere al Popolo, di Libera, di Emergency, della Cgil e altri. C’era stato un pellegrinaggio continuo di medici, psicologi, avvocati, professionisti, e soprattutto gente comune che veniva al presidio permanente per avere notizie, sapere, conoscere. La chiesa e le organizzazioni cattoliche si erano espresse con chiarezza, dando un apporto militante. Erano giunte notizie di presidi in altre città e di un’estesa rete organizzativa per essere a Catania sabato 25 agosto alla manifestazione. Forte l’ondata di rabbia di quei tanti esseri umani, che volevano solamente incontrare altri 177 esseri umani illegalmente reclusi, assieme all’equipaggio, da otto giorni, su una nave per massimo trenta persone. Si svelava, materialmente, la destra eversiva dentro lo Stato.

“Non so perché sia andata così. Perché, nel deserto della politica e dell’estate, a fronte di un tentativo di sovversione della democrazia, sospinto da un razzismo dilagante alimentato ad arte, si sia realizzata una risposta così sorprendente, e per giunta in una città come Catania, notoriamente cinica, disincantata e votata prevalentemente al divertimento. Forse perché c’erano, ci sono e ci saranno quei venticinque soliti noti che, come i nuclei di polvere attorno ai quali si formano chicchi di grandine anche di notevole grossezza, hanno funzionato da catalizzatori delle coscienze. O forse perché, a dispetto di ogni pensiero debole, nel profondo di questa società esiste sempre il desiderio e il bisogno materiale di rivoluzione. Ma soprattutto perché, in quei corpi reclusi a bordo di quella nave, abbiamo visto i nostri corpi, reificati e reclusi nella durezza dell’oppressione capitalistica. E abbiamo riconosciuto i nostri fratelli, i nostri compagni. E semplicemente ce li siamo voluti andare a riprendere. Per restare umani”.

Ines, invece partecipava ad una mobilitazione per la prima volta. “Nel momento in cui passavano le ambulanze faticavi a non piangere, mentre cercavo di fare la foto giusta. Poi l’annuncio: cinque donne fra coloro che necessitavano di cure urgenti avevano rifiutato di scendere, per non separarsi dal nucleo familiare. Il cuore si ferma, l’emozione ti riempie. Il grado di umanità su quella nave e il grado di disumanità di chi impedisce loro di scendere, lo speaker commenta così. Tocchi con mano i cuori in fermento, la tristezza, la commozione, la voglia che tutto finisca. Tocchi con mano la semplicità, la voglia di lottare per i diritti, per quella umanità che è nostra e che esiste ed è forte più di quanto avessi creduto e visto mai. Noi ci siamo. Noi siamo. Noi siamo una moltitudine. Siamo una moltitudine di umanità”.

Ultimo atto, il vergognoso decreto sicurezza, istituzionalizzazione dell’odio razzista, una unanimità xenofoba del governo giallo-verde. Ma a fronteggiare tutto questo, a partire da quel 25 agosto, la rinascita di una reazione antirazzista che attraversa l’Italia, le rivolte democratiche dei singoli cittadini che sono tornati a far sentire la voce della solidarietà, della giustizia sociale, di un rinnovato antifascismo.

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