Lotta sociale e lotta al razzismo marciano di pari passo. Un buona partecipazione alla manifestazione di Firenze del 27 giugno scorso.
Il 27 giugno scorso si è tenuta a Firenze una manifestazione antirazzista promossa dal presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, e dal sindaco di Firenze, Dario Nardella. Hanno aderito fra gli altri Arci, Anpi, Cgil Toscana e nazionale assieme alla Camera del Lavoro di Firenze, molte associazioni di volontariato e delle comunità straniere, rom e sinti. Molti sindaci, una presenza più che dignitosa, i compagni e le compagne da sempre impegnati e sensibili contro le discriminazioni – erano i giorni del censimento dei rom gridato dal ministro dell’Interno e della chiusura dei porti. Molta Cgil, un po’ di delegati, qualche studente.
Una manifestazione difficile, fra la definitiva consapevolezza – per molti anche se non per tutti – che anche in Toscana, un tempo “rossa”, un ciclo politico e valoriale era definitivamente finito, dopo anni di progressivo logoramento e scoloritura. Una manifestazione partecipata, segno della consapevolezza di quanto fosse importante che non fallisse, nonostante le ragioni di chi segnalava la mancata coerenza del sindaco di Firenze a farsi alfiere dell’accoglienza, viste le posizioni rispetto al campo rom del Poderaccio – per molti troppo simili a quel che propaganda la Lega – e all’assurda proposta della “scala mobile della toscanità” per attribuire punteggio per l’assegnazione delle case popolari in base agli anni di residenza nella Regione, quando la stessa attuale legge regionale richiede almeno cinque anni di residenza continuativi per poter partecipare al bando.
Una manifestazione positiva, soprattutto per la grande verità urlata dal compagno della Fiom Cgil Marcello Gostinelli, della ex-Pirelli di Figline Valdarno, ora Bekaert, che rischia il licenziamento: “Smettiamo di avere paura del diverso, del migrante, dello straniero, del povero. Io ho paura di questi ricchissimi che in trenta minuti mi hanno chiuso lo stabilimento. Non sono i migranti che mi rubano il lavoro”. Perché questo è il punto, e su questo si misura la coerenza e l’efficacia della battaglia antirazzista: tenere assieme valori e principi con la materialità delle condizioni del mondo del lavoro.
L’abolizione della legge Fornero e l’adeguato finanziamento della sanità pubblica sono battaglie antirazziste, perché smontano la compagna dei penultimi contro gli ultimi. Sì, perché la Lega e il governo “gialloverde” sono illiberali, liberisti e securitari: proprio perché non prevedono politiche redistributive prendendo le risorse ai primi, mettono in competizione ultimi e penultimi. E non avendo intenzione di migliorare le condizioni dei penultimi, concedono loro di prendersela con gli ultimi.
Allora, assieme a una battaglia per la revisione del trattato di Dublino, per i corridoi umanitari e la possibilità di poter arrivare in Italia e in Europa legalmente e nella pienezza dei diritti, occorre migliorare le condizioni materiali di tutti gli esclusi e sconfitti dalla globalizzazione. E la battaglia contro il fiscal compact rende ancor più credibile quella per l’abolizione del reato di clandestinità e per la cittadinanza ai nati in Italia anche nella forma dello “ius soli”, molto temperato, in discussione nella scorsa legislatura.
Soprattutto bisogna non legare più permesso di soggiorno e contratto di lavoro: non sono i lavoratori stranieri che premono sugli autoctoni a indebolire le condizioni complessive del lavoro, ma i governi liberisti e i padroni che, togliendo diritti a una parte dei lavoratori e lavoratrici, puntano a toglierli a tutti. La battaglia per l’articolo 18, e il permesso di soggiorno per i lavoratori stranieri che denunciano le forme di grave sfruttamento lavorativo, sono due facce della stessa medaglia.
Alla manifestazione di Firenze questo afflato si respirava: necessità della coerenza da parte della politica, valori, principi, proposte. C’è molto da fare, ma non ci sono né scorciatoie né alternative alla mobilitazione e alla proposta contro il razzismo e per l’unità di lavoratrici e lavoratori, indipendentemente dal loro paese di nascita.