La libertà delle donne non va proprio giù. Lo dimostra una legge che, a 40 anni dalla sua approvazione, non ha mai smesso di essere attaccata, e progressivamente svuotata dalla crescente obiezione di coscienza che non ci stanchiamo mai di denunciare. Gli ultimi attacchi alla libertà delle donne e alla legge 194, avvenuti a Roma e non solo, a pochi giorni l’uno dall’altro, ci dicono che la guardia a protezione dei diritti alla salute e all’autodeterminazione delle donne non va mai abbassata.
L’attacco alla legge è partito ad aprile con il maxi cartellone di via Gregorio Settimo, subito rimosso a seguito delle numerose proteste. Dopo la rimozione, Forza Nuova ha affisso davanti alla Casa internazionale delle Donne uno striscione “194 strage di Stato”. Un atto grave, perché fatto nel luogo che per tutte le romane (e non solo) simboleggia la lotta delle donne per vedere riconosciuti i propri diritti.
Pochi giorni dopo il movimento pro-vita ha aggredito la legge 194 con una conferenza stampa in Senato, nel cuore delle istituzioni, insieme ai senatori della Lega e Isabella Rauti di Fratelli d’Italia. Ancora: molti quartieri di Roma sono stati tappezzati da cartelloni con scritto “aborto prima causa di femminicidio”, apparsi anche in altre città. Anche quelli rimossi dopo la nostra decisa protesta. Arriviamo infine a sabato 19 maggio, con la “Marcia per la vita” che ha sfilato a Roma, reclamando una netta inversione di rotta a pochi giorni dai 40 anni della 194. A sfilare suore, preti, vescovi e cardinali, politici della Lega e l’immancabile Giorgia Meloni di Fdi.
Con il cambio del quadro politico, è scattata una strategia pianificata di questi movimenti che vogliono incidere sulle future decisioni politiche. Hanno cambiato linguaggio e strategia comunicativa, appropriandosi dei simboli dei sostenitori della 194 e della terminologia dei diritti umani, cercando di parlare all’intera società. Basti pensare al manifesto affisso a Roma, che echeggia il femminicidio che tutti combattiamo. O al titolo della conferenza stampa in Senato: “Per la salute delle donne: le gravi conseguenze dell’aborto sul piano fisico e psichico”. Sono passati dal “danno al nascituro” ai danni per le donne. Al centro, ora, c’è il benessere della donna.
In realtà assistiamo alla subdola mistificazione di antiabortisti che tentano di negare con violenza e perseveranza la libertà di scelta e l’autodeterminazione delle donne. Ma le donne non stanno a guardare, e in occasione del 40esimo anniversario della 194 la Cgil, insieme ad una vasta rete di donne dei movimenti, dei sindacati, delle associazioni, della politica, delle istituzioni, del mondo accademico e della cultura, ha inviato una lettera aperta alle neo parlamentari dal titolo “Le donne sono qui”, che ha raccolto 9mila adesioni nel giro di pochi giorni. Abbiamo scritto: “E’ questo stare insieme che vogliamo celebrare e mostrare oggi ancora vivo e potente”. Che vogliamo celebrare con loro “i 40 anni della legge che ha dato alle donne il diritto di dire la prima e l’ultima parola sul proprio corpo”.
Nella lettera si afferma che “non ci può fare paura l’oscena propaganda che si sta scatenando in questi giorni contro la legge”, e che “è la nostra libertà che fa paura”. “Oggi – dice ancora la missiva – tutti sono pronti a condannare la violenza …ma le radici di ogni violenza stanno tutte nella pretesa del controllo del corpo delle donne. La denatalità fa paura, ma le donne non sono messe in condizione di avere figli, lo si vede dalle scelte politiche, da quelle economiche, dalla precarietà del lavoro, dai tagli ai servizi… Per le donne non fare figli quando non possono permetterselo è una scelta molto triste. Ma il desiderio può non esserci, e questo è un fatto di cui tutti devono imparare a tenere in conto. La maternità oggi è una libera scelta, non un obbligo, non un dovere, né una merce …”.
“Vi scriviamo - conclude la lettera – per dirvi che, qualunque governo verrà, le donne non faranno un passo indietro”. E riempiranno le piazze, se necessario. Perché le donne, se vogliono, riescono a fare fronte comune, così come è avvenuto proprio per la sofferta conquista della legge 194, il 22 maggio del 1978, una delle leggi fondamentali conquistate grazie alla forte pressione delle donne dentro e fuori i partiti, anche contro i partiti. Donne divenute movimento, a prescindere dalle sigle delle associazioni cui appartenevano.