Vittima del golpe giudiziario, Lula è ampiamente in testa nei sondaggi elettorali.
Poche settimane sono passate dall’epilogo della vicenda che ha infiammato il dibattito politico e che probabilmente rappresenterà, nella storia politica del Brasile, un fatto di portata inedita, ossia la rimozione per via giudiziaria di un candidato alla presidenza quale Ignacio da Silva, Lula. Un vero golpe giudiziario, conseguente all’uso strumentale della giustizia, violandone però i principi fondanti.
Molto si è detto sul caso Lula, e molto resterà da dire. Ad esempio se la sua vicenda possa segnare la chiusura definitiva del ciclo progressista nel continente. Certamente le vicende brasiliane avranno il loro peso negli equilibri politici continentali, pertanto la vicenda di Lula va compresa e analizzata in tutte le sfumature. A partire dalla crisi del modello politico del Partito dei Lavoratori, che vive una crisi di legittimità alla quale si sperava di poter tener testa con la candidatura di Lula alle prossime presidenziali.
La presidenza di Dilma Rousseff ha visto un progressivo allontanamento e perdita di legittimità nei confronti delle basi sociali di riferimento, in particolare nelle classi urbane. D’altro canto, nelle periferie sterminate del Brasile, poco o nulla quel governo riuscì a scalfire della triplice alleanza, quella delle “tre B” (“Bala, Buey, Biblia”), fortemente rappresentata in Parlamento: il grande latifondo, le chiese evangeliche, e chi usa la violenza armata per tenere il controllo delle campagne e della terra. Non a caso il Brasile oggi è tra i paesi al mondo con il più alto numero di omicidi di difensori dei diritti umani, assieme a Colombia, Messico e Filippine, principalmente difensori della terra e dell’ambiente, o dei diritti glbqti come Mariella Franco.
Quella triplice alleanza è in parte perpetuata dal modello di sviluppo estrattivista che definisce e caratterizza il rapporto tra centri e periferie del paese. Proprio dai principali fautori di tale modello, Petrobras e Odebrecht, è scaturita la scia di veleni che ha travolto il Brasile, ed altri paesi in America Latina, dal Perù all’Ecuador. Una crisi di modello quindi, che riguarda la qualità della democrazia partecipativa e l’ossatura economico-produttiva della stessa. Eppure, a suo tempo, i movimenti sociali tentarono il rilancio del dialogo “dal basso”, con una costituente popolare, caduta nel nulla. Poi sono arrivati l’impeachment di Dilma e Lula, e la ricomparsa delle cupole militari, autoproclamatesi sentinelle della legalità e della giustizia.
I sondaggi però testimoniano una nuova fase di scollatura tra il paese reale e quello “istituzionale”, con Temer che viene dato sotto al 5% e Lula al 57% circa: una vittoria di Pirro quella di Temer, insomma. In molti hanno letto nella vicenda giudiziaria di Lula una manovra tesa a “depoliticizzare” la contesa, proponendo alla pubblica opinione una lettura securitaria (si veda l’operazione militare nelle favelas di Rio) e di lotta alla corruzione (si veda come la vicenda Lula è stata trattata da Tv Globo).
In realtà Temer e i suoi sodali non sono stati capaci di tener fede alle loro promesse, in un paese in profonda crisi economica, con stagnazione della crescita industriale, aumento della disoccupazione, e una crisi sociale di rappresentanza. Nelle grandi città questa si manifesta con la mancanza di accesso alla casa e ai servizi pubblici, con l’aumento della violenza della polizia verso i giovani delle periferie e delle favelas, e con la difficoltà dei giovani “scolarizzati” di poter accedere agli studi universitari. L’altra è la crisi appunto del modello estrattivista di sfruttamento ed esportazione di risorse naturali, e costruzione di grandi infrastrutture.
Sono tutti elementi dei quali il Pt dovrà tenere conto nella costruzione del programma politico, e nella campagna elettorale per la rielezione eventuale di Lula, dopo che il partito ha riconfermato a fine aprile l’intenzione di ricandidare l’ex-presidente operaio metalmeccanico alle elezioni di ottobre.
A fine aprile il direttivo del Pt, riunito a Curitiba, ha infatti approvato un documento che impegna il partito al rafforzamento delle piattaforme e delle articolazioni delle forze di sinistra e popolari, quali Frente Brasil Popular, Frente Povo sem Medo e Frente Democratica, ed a convocare il 28 luglio un incontro nazionale per formalizzare la candidatura di Lula nelle more della decisione del Tribunale elettorale, che dovrebbe essere resa nota in agosto.