XVIII congresso. Per una Cgil unita e plurale - di Giacinto Botti

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Autonomia, continuità della linea degli ultimi anni, coerenza delle politiche contrattuali per riunificare il mondo del lavoro, rafforzamento della confederalità, partecipazione delle delegate e dei delegati e collegialità dei gruppi dirigenti. Sono questi gli assi del contributo al dibattito congressuale “Per una Cgil unita e plurale”, presentato da oltre seicento dirigenti e quadri della sinistra sindacale per la prima fase del dibattito del XVIII congresso, il cui nucleo centrale dovranno essere i contenuti programmatici.

Con il Direttivo nazionale del 9 e 10 marzo scorsi si è formalmente avviato il percorso congressuale, che si concluderà a Bari dal 22 al 25 gennaio prossimi. Mentre ci si interroga sulle ripercussioni del risultato elettorale, occorre ribadire che il voto non ha determinato di certo la sconfitta della Cgil, ma della politica di una sinistra che ha perso identità e anima. Quel voto, però, parla e interroga anche noi.

Il contributo collettivo “Per una Cgil unita e plurale” è stato costruito e presentato prima dell’esito elettorale. Non per indifferenza al quadro politico o alla relazione con gli interlocutori istituzionali, a partire da quello che sarà il nuovo governo. Ma pensiamo che gli assi strategici del programma della Cgil devono supportare la sua azione ed elaborazione autonoma. Siamo la più grande organizzazione di rappresentanza sociale, un soggetto politico-sociale laico che ha come riferimento la Costituzione ed esercita la sua funzione attraverso la contrattazione, innovata e inclusiva. Nella capacità di riorganizzare e riunificare il mondo del lavoro, oggi frammentato, e di perseguire l’iniziativa strategica indicata con il Piano per il lavoro e la Carta dei diritti universali. Non per sostituire la politica, ma per confermare autonomia e rappresentanza sociale della Cgil.

Su questi assi strategici la Cgil deve guardare al futuro e proseguire un cammino reso semmai ancor più necessario dalla conferma di una società impaurita, frammentata, sfiduciata, individualizzata, riflessa dal voto del 4 marzo. Sapevamo e sappiamo che la nostra gente chiede risposte chiare su alcuni punti fondamentali: il lavoro e la sua qualità, ritornando alla stabilità del lavoro a tempo indeterminato; la riconquista di un sistema previdenziale con flessibilità in uscita, livelli dignitosi delle pensioni, superamento delle mille iniquità e diseguaglianze; l’incremento dei salari reali per via contrattuale; una nuova battaglia su fiscalità progressiva e ritorno alla piena universalità del welfare (sanità, scuola, beni comuni); un modello di sviluppo sostenibile.

C’è bisogno di un pensiero alto, di programmi e scelte che ripropongano concretezza e ideali, per rendere tutte e tutti uguali nei diritti e nelle possibilità in un orizzonte di cambiamento, l’utopia del possibile. Per questo c’ è bisogno della Cgil.

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