Il 23 febbraio scorso, con la firma del contratto Sanità, si è chiusa una lunga fase di sospensione dei diritti per i dipendenti pubblici. Abbiamo già raccontato la fatica di riconquistare i contratti, le mobilitazioni delle lavoratrici e dei lavoratori, indette spesso solo dalla Cgil, la sentenza della Corte Costituzionale che ha sancito l’illegittimità del blocco dei rinnovi contrattuali, l’accordo quadro del 30 novembre 2016 che ha riportato nell’alveo della contrattazione salario accessorio, organizzazione del lavoro, formazione, mobilità, valutazione e valorizzazione professionale, oltre a definire le quantità economiche.
Qualche politico ha contrapposto il finanziamento al Servizio sanitario nazionale al rinnovo dei contratti della sanità pubblica. Un’alternativa paradossale, soprattutto per la Cgil, che ha denunciato come si stiano sottraendo progressivamente risorse al sistema che non riesce più ad assicurare Livelli di assistenza adeguati (Lea) in tutte le regioni d’Italia.
Contrapporre i diritti delle cittadine e dei cittadini ai diritti delle lavoratrici e dei lavoratori è un’operazione che viene da lontano. L’abbiamo già vista in scena ai tempi dei “furbetti del cartellino”, e ci parla di una manovra tesa a screditare l’esistente per affidare alla speculazione privata il sistema di welfare, dalla sanità alla protezione sociale.
Si è aperto al mercato uno spazio rilevante, sottraendo risorse pubbliche a favore di soggetti privati - la defiscalizzazione del welfare aziendale, ad esempio. Non solo. Dai comparti pubblici (funzioni centrali, funzioni locali e sanità) si sono sottratte, con il blocco del turn-over, le risorse umane necessarie all’attività della pubblica amministrazione. Un’analisi Fp Cgil sul Conto annuale dello Stato rileva il totale dei dipendenti pubblici: dal 2009 al 2016 sono state perse quasi 163mila unità, e se ne perderanno ancora di più nei prossimi anni.
Questo vuol dire aumento dei carichi di lavoro, straordinari quasi obbligatori e reperibilità più frequenti. L’età media del personale è abbondantemente sopra i 50 anni e ciò comporta il rischio di più malattie professionali, dalle patologie muscolo scheletriche allo stress lavoro correlato, al vero e proprio burn-out. Stimiamo che il 40% dell’attuale personale possa raggiungere i requisiti per il collocamento a riposo tra 3-6 anni. Serve un piano straordinario di assunzioni per mettere in funzione al meglio le nostre pubbliche amministrazioni.
Non solo. In questi anni il mondo del lavoro è cambiato, si sono modificate funzioni, attività, professioni. Sono cambiati i bisogni delle imprese, dei territori, dei cittadini. Serve più innovazione, più formazione, più attenzione ai processi di lavoro e alla qualità del servizio. La lunghissima sospensione della contrattazione ha reso inadeguati gli attuali sistemi di classificazione professionale. Vale per tutti i comparti e ha reso necessario istituire una commissione paritetica ad hoc, che entro un mese dalla firma dei contratti aprisse una fase istruttoria sull’esistente per definire, entro luglio, nuovi modelli, più idonei a “bilanciare i cambiamenti organizzativi e gestionali con la valorizzazione della professionalità dei dipendenti”. I lavoratori da tempo attendono risposte.
Sono in corso le assemblee per la valutazione delle pre-intese, che consentiranno in primo luogo di illustrarne i testi per smentire le fake news di alcuni sindacati, di corporazione e non. Emerge quanto era già evidente: gli incrementi economici non esauriscono il tema salariale, pur essendo un primo importante passo dopo un blocco così lungo.
Emergono rilievi positivi: l’attenzione ai diritti civili, alla miglior tutela di particolari condizioni di salute, al supporto alle donne vittime di violenza, alla nuova prospettiva per formazione e classificazione. Sarà necessario prestare tutta l’attenzione - e la mobilitazione - sul prossimo rinnovo 2019-21, a partire dalle piattaforme da predisporre tra pochi mesi.
Ad aprile si eleggono le nuove Rappresentanze sindacali unitarie. Alle Rsu consegneremo i contratti appena stipulati per la contrattazione di secondo livello, a cui è demandata tanta parte della materia: criteri di ripartizione delle risorse dedicate alle indennità, trattamenti accessori e molto altro ancora. L’efficacia dell’azione amministrativa, il potenziamento di servizi e attività, la capacità di modulare le risposte ai bisogni dei cittadini passano anche attraverso una rinnovata apertura degli spazi di contrattazione locale.
Sarà determinante come le nuove Rsu saranno messe in condizione di contrattare e di agire le nuove titolarità, nei piccoli e nei grandi enti del nostro paese. Dovremo tutti garantire il miglior sostegno possibile a chi si trova a gestire tavoli così importanti, per far vivere, ancora una volta, la democrazia nei luoghi di lavoro.