L’ennesimo fallimento dei negoziati dell’Organizzazione mondiale del commercio. La società civile chiede più equità e trasparenza.
“Eravamo proprio vicini al risultato: avevamo un testo che poteva diventare la Dichiarazione di Buenos Aires, ma alcuni Paesi non lo hanno considerato abbastanza ambizioso, e lo abbiamo trasformato in una relazione del presidente per non disperdere il dinamismo di questi giorni e tornare a Ginevra determinati a lavorare”: così la presidente della undicesima Conferenza ministeriale della Wto, Susana Malcorra, al termine del vertice, collassato senza riuscire a stringere i 164 membri in una dichiarazione politica condivisa.
Se movimenti e sindacati internazionali avevano lanciato l’attacco al vertice con l’obiettivo di fare di Buenos Aires “la nuova Seattle”, al termine dei quattro giorni di negoziati e di 11 ore filate di rush finale tra capi-delegazione, per tentare di ricondurre posizioni inconciliabili, la Wto torna sconfitta a Ginevra e con una prospettiva di funzionamento del tutto diversa.
Scarsi i risultati raggiunti, elencati dalla Malcorra nel suo sommario: una dichiarazione di prosecuzione del lavoro avviato sull’e-commerce, la prosecuzione della moratoria sull’applicazione della stretta sui brevetti dei farmaci sancita dall’accordo Trips per i Paesi più poveri, cara all’India, che per averla ha dovuto cedere agli Stati Uniti la moratoria sull’applicazione di dazi e quote sui flussi di dati, come il download di film o di app, piuttosto che di prodotti stampabili in 3d.
I ministri hanno deciso di continuare a lavorare per mettere fine ai sussidi per la pesca illegale, accompagnare all’ingresso della membership il Sud Sudan, e per dare attuazione, entro la prossima ministeriale, al target di sviluppo sostenibile 15.6 che prescrive la condivisione giusta e equa dei benefici delle risorse genetiche. “Abbiamo fallito tutti i nostri obiettivi, la conferenza ha messo alla luce tutti i limiti del processo negoziale della Wto”, avrebbe ammesso a caldo il commissario Ue al Commercio, Cecilia Malmstrom.
L’incertezza sul futuro è emersa con chiarezza nel “disappunto” dichiarato dal direttore generale della Wto, Roberto Azevedo, che si trova, nel dopo Buenos Aires, a gestire una realtà scomoda: le tre aree più vitali di lavoro della Mc11 - e-commerce, Micro, piccole e medie imprese e Facilitazione degli investimenti - hanno riguardato tre “nuovi temi”, non compresi nel mandato a lui affidato, e promossi in formato plurilaterale da gruppi di Paesi e non per consenso tra tutti, come prevede il funzionamento consolidato della Wto. “Il lancio di queste iniziative segna una pietra miliare - ha affermato in una nota il responsabile statunitense al commercio Robert Lightizer -. Iniziative come queste tra Paesi che la pensano allo stesso modo offrono una via d’uscita positiva alla Wto nel futuro”.
E’ un fatto che, a ceneri del vertice fumanti, Steven Ciobo, ministro del commercio dell’Australia, Paulina Nazal, vice ministro degli affari economici del Cile, e Chendu Osake, capo negoziatore della Nigeria, hanno rivendicato la cogenza dei “nuovi temi” spiegando che sull’ e-commerce si sono dichiarati pronti a lavorare 70 Paesi membri su 164, tra cui Ue, Usa, Canada, Australia e Giappone, che rappresentano da soli il 75% degli scambi. Il Cile ha lavorato sull’accesso al mercato per le micro piccole e medie imprese, che sono il 90% delle imprese a livello internazionale e assicurano il 70% dell’impiego, con 87 membri che fanno insieme il 78% dell’export e il 64% del Pil locale. Infine, sulla facilitazione al commercio degli investimenti hanno lavorato 70 Paesi membri che rappresentano il 74% del commercio, il 66% degli investimenti e il 61% del Pil mondiale.
“Affidare ai ‘grandi elettori’ di un’organizzazione che da anni non porta a casa la conclusione dei capitoli portanti del negoziato, nuovi temi, è una strategia per nascondere il suo fallimento”, è il commento delle Ong e dei sindacati della campagna “Questo mondo non è in vendita”, che hanno volantinato incessantemente nei corridoi del vertice questa loro costatazione, e l’auspicio “dell’apertura dopo Buenos Aires di un modo diverso, più inclusivo delle preoccupazioni sociali e ambientali, e non meno trasparente come quello proprio di negoziati bilaterali e plurilaterali”. l