Un nuovo welfare per i giovani, per dare un futuro all’Italia - di Cesare Caiazza

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L’ultimo rapporto dell’Ocse fotografa la preoccupante condizione dei giovani nel nostro paese e le grandi incognite che segnano il futuro delle nuove generazioni. I dati riassumono il portato della “violenta precarizzazione del lavoro” e della “frattura generazionale” in tema di previdenza, indotte dall’onda lunga di quelle riforme – intervenute negli anni ‘90 e seguite da molte altre dello stesso segno – come il pacchetto Treu e la legge Dini, alle quali la sinistra sindacale della Cgil si oppose scorgendo, già allora, il tratto divisivo e fortemente penalizzante per i giovani. E’ assolutamente prioritario sostenere le proposte e le iniziative della Cgil del Piano del lavoro e della proposta di un nuovo Statuto delle lavoratrici e dei lavoratori, al fine di rilanciare sviluppo e occupazione ed estendere i diritti.

Al contempo occorre interrogarsi sulla profonda crisi del “welfare state” a livello europeo, e su quale idea avere di nuovo stato sociale, guardando a dare risposte concrete alla condizione di difficoltà e di malessere dei giovani. Partendo innanzitutto dalle condizioni di quanti vivono realtà di forte disagio sociale e di esclusione, come il milione e mezzo di bambini ed adolescenti (figli di genitori poveri, spesso disoccupati) che abbandonano la scuola e non riescono ad inserirsi nel mondo del lavoro: i cosiddetti neet. Facendo poi i conti con fenomeni ancora più ampi, connessi al disagio e alla “frustrazione” giovanile, quali gli eccessi e le dipendenze da droghe ed alcool; l’incontrollata violenza; l’aumento, soprattutto tra gli adolescenti, di patologie importanti quali la bulimia e l’anoressia. Non dimenticando come la patologia del secolo sia rappresentata dall’obesità, fenomeno che esplicita stili di alimentazione e di vita opposti rispetto alle raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità.

Un tema, quest’ultimo, fortemente correlato a diritti quali l’accesso alla pratica sportiva e all’attività fisica, che dovrebbero rappresentare anche momenti di contrasto all’esclusione causata da indigenza e difficoltà economica, e che invece risultano segnati da condizioni di fruizione disuguali, che negano l’universalità di accesso ad un diritto fondamentale per il benessere psicofisico. Sostenere i ragazzi nel fare sport ha quasi sempre un costo economico, spesso rilevante, che molte famiglie non possono permettersi. Insomma i bambini, gli adolescenti e i giovani di oggi per la prima volta registrano un pauroso arretramento, e rischiano di perdere la speranza in un futuro almeno uguale a quello dei propri genitori e nonni.

Un sindacato generale come la Cgil – soprattutto in presenza di una politica sempre più miope ed autoreferenziale - deve farsi carico di “ricostruire” un futuro per il paese, ad iniziare dal dare risposte e speranza ai giovani. Questo deve essere fatto attraverso un’azione complessiva per il lavoro e per i diritti (da sostenere attraverso il ricorso alla mobilitazione, a partire nell’immediato da un non più rinviabile sciopero generale), e con la definizione di proposte per affermare un nuovo modello di welfare, inclusivo e solidale, capace anche di rispondere ai tanti bisogni dei giovani: oltre il lavoro l’abitare - con grandi difficoltà per disoccupati o precari di uscire dal nucleo familiare originario e di accedere a mutui - e la possibilità di vivere in un paese che investa per l’affermazione piena della legalità, per l’istruzione, la formazione e la ricerca.

Occorre elaborare proposte compiute e farle vivere nel confronto con il governo e con le istituzioni territoriali, agendo la “contrattazione sociale decentrata” che può e deve essere riorientata su temi che riguardano specificatamente anche i giovani. Questo è possibile, facendo ancora leva sulla generosità dei compagni e delle compagne dello Spi (rappresentanti di quegli anziani e pensionati che sovente svolgono il ruolo di “ammortizzatore sociale” nei confronti dei giovani), e rafforzando un’iniziativa che controbatta efficacemente i tentativi, portati avanti spesso dalla politica e dai media, di agire fuorvianti e strumentali “contrapposizioni generazionali”.

E’ necessario che l’insieme dell’organizzazione – in particolare nei livelli regionali e nelle Camere del lavoro – si faccia carico di questa importante “sfida”, attraverso un nuovo protagonismo di tutte le categorie, dei compagni dei servizi e delle associazioni della Cgil; agendo una contrattazione sociale territoriale basata non su “bisogni supposti”, bensì sul protagonismo dei soggetti interessati che, nel caso della condizione e della soddisfazione dei bisogni dei giovani, significa innanzitutto partire dal coinvolgimento delle organizzazioni degli studenti.

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