G7 ambiente: la sfida sindacale - di Simona Fabiani

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Sindacati italiani, europei e internazionali mobilitati per cambiare un modello insostenibile per la società e l’ambiente.

“Il modello economico attuale è insostenibile da un punto di vista ambientale, sociale ed economico”. Si apre con queste parole la dichiarazione sindacale al G7 ambiente, presentata il 9 giugno scorso a Bologna nell’iniziativa unitaria di Cgil Cisl e Uil, a cui hanno partecipato i tre segretari generali delle confederazioni ed esponenti sindacali della confederazione internazionale dei sindacati (Ituc-Csi), della confederazione sindacale europea (Etuc-Ces), del Tuc del Regno Unito e della tedesca Dgb.

Il movimento sindacale ribadisce la necessità di partire “dalla conferma e dall’attuazione dell’accordo di Parigi e dagli obiettivi dell’Agenda 2030, per promuovere uno slancio a favore della trasformazione industriale ed economica verso un’economia rispettosa dell’ambiente, che garantisca occupazione dignitosa per tutti e sia socialmente inclusiva”.

L’iniziativa, che era stata lanciata prima della dichiarazione di Trump sull’uscita degli Usa dall’Accordo di Parigi, rilancia con forza il ruolo dell’azione globale del movimento sindacale per l’azione climatica e per la tutela del pianeta, rendendolo più giusto e abbattendo le disuguaglianze. Per i paesi del G7, il movimento sindacale ha proposte concrete per rispondere alla sfida della transizione, e chiede ai governi dei “sette grandi” di impegnarsi “per garantire che i contributi determinati a livello nazionale (Indc) rispettino l’obiettivo globale di riduzione delle emissioni”; per contenere l’aumento della temperatura entro i 2°C, se possibile 1,5°C, e per “rafforzare le priorità ambientali e climatiche nei bilanci dei paesi e nella cooperazione internazionale”.

Si legge nel documento: “E’ importante avviare un dialogo tra istituzioni, sindacati e datori di lavoro sui mezzi atti a garantire una giusta transizione per i lavoratori e le comunità, compreso il sostegno alla creazione di fondi per conseguire obiettivi climatici più ambiziosi” ed “elaborare una strategia industriale rispettosa dell’ambiente, che consideri come priorità altrettanto importanti il lavoro dignitoso, un basso livello di emissioni e un utilizzo efficiente delle risorse”. Ancora, il documento sottolinea la necessità di “sostenere gli investimenti nei settori con elevata capacità di creazione di occupazione e di tutela dell’ambiente, rafforzare le normative in tema di processi industriali ecosostenibili, e ridurre l’utilizzo delle sostanze tossiche”.

Il movimento sindacale chiede coerenza ai governi, che non possono dichiararsi impegnati nelle politiche climatiche e allo stesso tempo sostenere l’austerità e i sussidi alle fonti energetiche fossili. I segretari generali di Cgil, Cisl e Uil hanno sottolineato la necessità di una forte convinzione collettiva per affrontare il cambiamento. La parola transizione non deve ingannare, non vuol dire che abbiamo molto tempo a disposizione: la transizione deve avere in sé una grande radicalità.

“Giusta transizione” significa garantire che non siano i lavoratori e le loro comunità a pagare il prezzo del cambiamento. Per questo la transizione deve essere accompagnata da buoni lavori, buoni salari, buona protezione sociale, e servono consistenti investimenti e un grande piano per la formazione dei lavoratori. Allo stesso tempo occorre impedire la delocalizzazione delle produzioni inquinanti e climalteranti verso i paesi che non aderiscono alle politiche climatiche, evitando il ripetersi di un fenomeno, già in atto, alla ricerca di salari sempre più bassi e per abbattere i diritti del lavoro.

Il cambiamento climatico non ha confini e va contrastato a tutti i livelli. Il movimento sindacale lo sta facendo con proposte forti e unitarie. L’azione sindacale proseguirà con l’obiettivo di rafforzare e realizzare i contenuti del documento, partendo dal confronto con la società civile, i governi, le imprese e gli investitori.
In Italia le prossime sfide a breve termine riguarderanno il confronto con il governo sulla Strategia energetica nazionale, a partire dal documento unitario Cgil Cisl e Uil e, nell’ambito del confronto con Confindustria su “Il patto per la fabbrica”, per l’inserimento di un grande piano per la formazione dei lavoratori volto alla riqualificazione professionale necessaria per sostenere la transizione verso un’industria sostenibile e decarbonizzata.

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