Gennaio 2017: un mese terribile per l’Abruzzo - di Domenico Ronca

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Al di là delle polemiche del dopo, dobbiamo pretendere un diverso modello di sviluppo, sostenibile e rispettoso del territorio.

Gennaio 2017, mese in cui una serie straordinaria, tragica e luttuosa di eventi si è combinata in maniera perfetta da suggerire al Centro, quotidiano locale, il titolo “Apocalisse Abruzzo”: una nevicata eccezionale, che ha scaricato sulla nostra regione fino a quattro metri di neve; quattro scosse di terremoto superiori ai cinque gradi di scala Richter; l’esondazione del fiume Pescara, che ha provocato l’allagamento di parte della città; decine e decine di Comuni isolati che sono rimasti fino a sei giorni senza corrente elettrica, e quindi senza riscaldamento; e poi le vicende tragiche del resort di Rigopiano e della caduta di un elicottero dei soccorsi.

Al di là dello stuolo di polemiche che, dopo le tragedie (sempre dopo), occupano le pagine dei giornali e i dibattiti nelle televisioni (se quell’albergo poteva stare in quel posto, se tutto si è fatto in maniera corretta, ecc.), e al di là del fatto che molte di queste diventano strumentali e fuori luogo, rimane una riflessione che ci deve impegnare come Cgil: e cioè che noi dobbiamo pretendere un diverso modello di sviluppo per il nostro paese, e in particolare per la nostra regione.

L’Abruzzo è una regione meravigliosa, una canzone popolare recita: “L’Abbruzz è la cchiù bbell d’ tutt l’ reggion – p’cchè te la Majell, p’cchè la ggent è bbon...” (L’Abruzzo è la più bella di tutte le regioni – perchè ha la Majella, perchè la gente è buona). Ma ha un territorio fragile. Non possiamo più pensare di sottomettere la natura alle ragioni del profitto, depredarla e mancarle di rispetto, non possiamo più pensare che i terremoti siano eventi unici o eccezionali; sopratutto nell’Italia centrale dobbiamo imparare a conviverci. Così come le modificazioni climatiche ci devono convincere che eventi atmosferici come queste ultime forti nevicate si potranno ripetere con una frequenza maggiore rispetto al passato.

Allora la rivendicazione di un modello di sviluppo sostenibile, inclusivo e intelligente deve impegnarci con energia e con fantasia. Il rapporto con il territorio, conoscerne tutte le peculiarità e tutte le fragilità deve essere una scelta obbligata e irreversibile. Recuperare piuttosto che continuare a costruire; stare attenti alle emissioni e alla produzione di energia; bonificare e ripristinare l’esistente; usare norme antisismiche sia per le abitazioni private che per gli opifici industriali; rispettare le zone protette e prestare la massima attenzione alla sicurezza e alle condizioni di lavoro: sono temi che dovremo coniugare in tutte le forme possibili, costruire su questo consenso tra i lavoratori, e impegnare tutta l’organizzazione.

Noi in Abruzzo ci misureremo su questi temi e su proposte di sviluppo industriale sostenibile con iniziative di confronto, ma anche di mobilitazione e di lotta per porre all’agenda delle istituzioni locali e delle nostre controparti il tema della qualità dello sviluppo, della qualità dell’occupazione e della lotta alla precarietà, assieme al tema del rispetto dell’ambiente e del territorio, e di una non più rinviabile necessità di inversione di tendenza sull’approccio culturale al tema “sviluppo e territorio”.

 

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