
Il 14, 15 e 16 aprile scorsi si sono svolte le elezioni delle Rsu nei comparti organizzati dalla Flc: Scuola, Università, Ricerca e Afam.
Pur in un quadro ancora incerto, dovuto alla provvisorietà dei dati (i verbali ufficiali sono raccolti dall’Aran tra il 28 aprile e il 6 maggio), emergono senza dubbio due elementi chiari. Il primo è che i lavoratori e le lavoratrici dei comparti della conoscenza sono andati a votare in tutto il territorio nazionale con una partecipazione del 74%, raggiungendo in alcune realtà percentuali ancora più alte. Non era un dato scontato, a fronte di una sempre più scarsa partecipazione al voto nelle consultazioni politiche e amministrative degli ultimi anni.
Il secondo elemento riguarda l’affermazione della Flc Cgil come primo sindacato a livello nazionale in tutti i settori, con complessivi 273mila voti (28%), 10mila in più rispetto al 2022, con un posizionamento al primo posto in 14 delle 18 regioni in cui si è votato. Risultato di grande soddisfazione, se si tiene conto del fatto che queste elezioni si sono svolte in un clima particolarmente ostile, con attacchi continui e spropositati da parte del ministro Valditara all’autonomia scolastica e alla libertà di insegnamento, con il ricorso a misure repressive nei confronti di qualunque iniziativa di dissenso all’interno delle scuole e delle università organizzata da studenti o da docenti.
L’alta partecipazione al voto è un segnale preciso da parte del corpo docente di sostegno alle iniziative sindacali, che hanno dimostrato con tenacia e coerenza di volesi opporre a questo disegno autoritario. Rappresenta inoltre in modo chiaro e certo la volontà dei lavoratori di poter eleggere i propri rappresentanti in maniera democratica e condivisa.
La partecipazione all’elezione delle Rsu significa anche la voglia dei lavoratori di riappropriarsi di spazi di democrazia dal basso, della volontà di poter affrontare i problemi educativi nei collegi docenti, spesso ridotti dai Dirigenti scolastici a meri momenti di approvazione di decisioni burocratiche.
E’ un segnale preciso che va nella direzione di valorizzare il ruolo della comunità educante, di difendere gli organi collegiali come spazi di democrazia, contro l’aumento delle molestie burocratiche e l’introduzione nelle scuole di adempimenti e impegni che poco o nulla hanno a che fare con il processo educativo.
La fiducia accordata ancora una volta alla Flc Cgil rappresenta anche un’adesione alle scelte fatte dal sindacato nell’impegno per la pace, contro le discriminazioni verso i migranti, nella proclamazione delle mobilitazioni a difesa della scuola pubblica.
Le tante Rsu elette si troveranno ora ad affrontare un impegno notevole, la difesa dei diritti dei lavoratori più fragili e dei precari, la necessità di applicare il contratto nazionale per tutti i lavoratori adeguandolo alle situazioni locali. Il compito è certamente gravoso, considerato che il governo non si è in alcun modo impegnato nel rinnovo del contratto nazionale (che da tempo attende di essere rinnovato) e, nel contempo, ha proceduto, senza alcun confronto, con la realizzazione di riforme della scuola superiore dagli esiti incerti, ha emanato indicazioni nazionali di stampo nazionalista e reazionario, ha riportato il voto di condotta al centro della valutazione in un’ottica sempre meno educativa e sempre più repressiva. Persistono inoltre i processi di tagli agli organici, il dimensionamento scolastico, l’aumento dei carichi di lavoro per docenti e personale amministrativo e ausiliario.
Se i risultati elettorali hanno riconosciuto lo sforzo e l’impegno della Flc, occorre ora valorizzare questo risultato, dando sostegno ai lavoratori e alle lavoratrici eletti nelle nostre liste, molti per la prima volta.
Va rafforzata la battaglia per il rinnovo del contratto nazionale, sia sotto l’aspetto normativo, sia soprattutto per un adeguamento dei salari all’inflazione e per il riconoscimento dell’impegno sempre più gravoso richiesto a tutti coloro che operano nella scuola. Va altresì rafforzato l’impegno per l’immissione in ruolo dei lavoratori precari, che il governo persiste nel non voler stabilizzare, e nel riconoscimento dei diritti per tutti i lavoratori, indipendentemente dalla durata del contratto.
Va difeso il ruolo autonomo e indipendente dell’Università e della Ricerca contro le ingerenze politiche e dei grandi gruppi economici. Occorre nel contempo rafforzare la difesa delle Università pubbliche, e combattere la logica dell’acquisizione dell’abilitazione attraverso il ricorso a corsi a pagamento.
Un sentito ringraziamento a tutte le lavoratrici e i lavoratori dei settori della conoscenza, che hanno accettato di mettersi in gioco in prima persona impegnandosi a difendere la democrazia nei luoghi di lavoro. Insieme a loro continueremo a batterci per una scuola aperta, libera, inclusiva.
(23 aprile 2025)