Sindacato e reti sociali in presidio per denunciare la situazion di Uiepe Milano.

Operatori del sociale, volontari, sindacalisti, qualche studente: sono diverse le realtà che lo scorso 14 aprile si sono riunite in presidio a Milano, in piazza Venino, per denunciare la drammatica situazione in cui si trova l’Ufficio Interdistrettuale Esecuzione Penale Esterna (Uiepe) di Milano.

L’Uiepe è l’ufficio del ministero della Giustizia, Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, che segue chi deve scontare una pena fuori dal carcere. A Milano il servizio è allo stremo: una carenza di personale che produce effetti devastanti sulle condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori e, al contempo, colpisce le persone autori di reato sottoposte a una misura alternativa o di comunità, o che aspettano di accedervi.

Da tempo il servizio ha in organico meno della metà degli assistenti sociali necessari ad una dignitosa presa in carico delle circa settemila persone che devono essere seguite dall’ufficio milanese. La situazione non sembra affatto migliorare: dei quarantanove lavoratori che avrebbero dovuto prendere servizio nel mese di aprile ne sono arrivati solo quattro. In compenso altri diciannove hanno chiesto il trasferimento: a Milano la situazione è complessa, inoltre i costi proibitivi della vita e per l’accesso alla casa rendono il capoluogo lombardo sempre più respingente per chi deve vivere di lavoro.

Ogni assistente sociale deve gestire mediamente oltre centotrenta persone. L’enorme carico di lavoro sulle spalle degli operatori produce lunghi tempi d’attesa e rischia di inficiare l’attivazione di reali percorsi di accompagnamento. Il tutto si colloca in una fase di forte criticità delle condizioni detentive, a partire dagli enormi tassi di sovraffollamento delle carceri.

Come ha messo in evidenza anche il presidente della Corte di appello di Milano, nella relazione di inaugurazione dell’anno giudiziario, “una traiettoria in continua e positiva ascesa ha mostrato l’applicazione dell’istituto della messa alla prova, anche se tale aumento ha messo in crisi le strutture addette all’elaborazione dei programmi di trattamento delle quali da anni si chiede invano l’aumento degli organici, se si vuole dare senso a questo strumento deflattivo”. E ancora: “I maggiori problemi posti dalle norme in oggetto di recente riforma non sono tanto di interpretazione quanto pratici, e dipendono dal fatto che Uiepe di Milano non sempre riesce ad evadere in tempi ragionevoli le richieste di programmi per la messa alla prova, e in generale quanto necessario per l’applicazione delle sanzioni sostitutive”.

Il presidio è stato promosso dalla Camera del Lavoro, dalla Fp Cgil di Milano e dall’Osservatorio carcere e territorio, una rete di molteplici realtà sociali che si occupano di carcere, compresa la Cgil milanese che ne è promotrice e parte attiva fin dalla sua costituzione, oltre trent’anni fa. Al presidio hanno aderito e partecipato anche soggetti importanti per il tessuto sociale milanese come Casa della Carità e Cnca (Coordinamento nazionale comunità accoglienti) Lombardia.

Il presidio ha inoltre visto la presenza e l’intervento del Garante delle persone ristrette nelle libertà del Comune di Milano, Francesco Maisto. Un’umanità che crede fortemente nei valori costituzionali, nella dignità del lavoro, e nella funzione rieducativa e di reinserimento sociale che deve svolgere la pena.

Per la Cgil è stata una giornata importante. Un momento che ha saputo tenere insieme, nella logica che da sempre contraddistingue un sindacato generale e confederale, la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori del settore, con i bisogni delle persone sottoposte ad una pena e con una visione della società inclusiva e non repressiva.

Il presidio del 14 aprile rappresenta solo il primo momento di una lotta che deve vedere protagonisti il sindacato e il mondo associativo nelle prossime settimane. Una lotta che parte dalle condizioni drammatiche di Uiepe Milano ma che sta dentro una battaglia più generale. Una battaglia che dica chiaramente che non abbiamo bisogno di finanziare l’acquisto di armi e di strumenti di guerra, ma che dobbiamo garantire investimenti per la formazione di operatori sociali e di lavoratori della cura. Una battaglia che dica basta tagli ai servizi pubblici e allo stato sociale. Una battaglia che contrasti la logica punitiva e repressiva di questo governo, e che si faccia portatrice di un mondo diverso e possibile.