
In queste settimane si assiste ad una narrazione dominante secondo la quale il vero rischio per l’Europa consisterebbe in un attacco russo, nell’azione capillare che Putin svolgerebbe a sostegno delle destre radicali, nella disinformazione, nella manipolazione della verità e in varie altre incursioni. Per questo servirebbe un rapido riarmo a cui destinare la gran parte delle risorse pubbliche, derogando al Patto di stabilità, ricorrendo al debito comune, ai debiti nazionali e al risparmio privato.
E’ una prospettiva che rimuove del tutto l’idea che il vero pericolo per l’Europa, da cui peraltro hanno tratto chiaro beneficio elettorale proprio le destre, consiste nell’approfondirsi delle disuguaglianze, nell’impoverimento sociale, nella svalorizzazione del lavoro, nella fine della giustizia fiscale, nella perdita di potere d’acquisto delle retribuzioni, nel peggioramento della condizione dei servizi sanitari e dei servizi pubblici.
E’ questo deperimento che sta alla base della debolezza dell’Ue e la rende permeabile alle tensioni sciovinistiche, alle pulsioni antidemocratiche e ai rischi di smarrimento, prodotto da anni di neoliberismo, tutto a vantaggio dei ricchi. Spostare ancor più il baricentro della spesa pubblica verso il riarmo vuol dire perdere di vista che la sicurezza sociale ha a che fare con la dignità dell’esistenza e delle sue condizioni oggettive; vuol dire celebrare l’Europa del capitalismo finanziario, che alla fine riuscirà a convivere con le autocrazie a danno della stragrande maggioranza della popolazione, destinata a divenire, in maniera inevitabile, più sensibile verso le sirene dell’intolleranza e certamente a considerare questa Europa il vero nemico.
Il piano ReArm Europe, presentato da Ursula Von der Leyen e su cui è stata trovata una sostanziale condivisione degli Stati membri, risulta ancorato a questa prospettiva totalmente bellicista. Tale Piano infatti parte dalla prospettiva che l’Ue stia per entrare in una sorta di terza guerra mondiale contro la Russia e contro chi sosterrà la Russia, senza poter disporre di alcun aiuto americano.
Alla luce di ciò la Commissione europea decide di rimuovere i vincoli del Patto di stabilità soltanto per il riarmo, proprio perché si tratta di un imperativo categorico, ormai di matrice morale: se gli Stati aumenteranno almeno dell’1,5% del loro Pil la spesa per il riarmo, potranno farlo senza che quella spesa rientri nei vincoli del Patto.
In altre parole, non è possibile derogare alle ferree regole europee per la sanità, ormai in profonda crisi, per la spesa sociale, legata al crescente impoverimento, per l’istruzione, per la transizione ambientale, per la tutela del territorio, ma per le armi sì. Nessuna di queste esigenze strutturali ha un valore paragonabile a quello delle armi, tanto da consentire ai singoli Stati membri non solo di tenere fuori dal Patto le spese militari, ma di poter rinegoziare le somme attribuite per le politiche di coesione o per altre finalità, purché finiscano in armi.
Nell’orizzonte di ReArm Europe compare l’invito a creare un mercato unico dei capitali e a favorire strategie di finanziarizzazione verso il settore delle armi, anche attraverso la Banca Europea degli Investimenti, così da facilitare la piena declinazione del capitalismo in termini bellici. Il Piano è l’indicazione per i grandi fondi Usa, BlackRock, Vanguard e State Street, per quelli europei, Amundi, e per le grandi banche di comprare i titoli dell’industria delle armi – peraltro ben specificata dal documento “Difesa aerea e missilistica, sistemi di artiglieria, missili e munizioni, droni e sistemi anti-drone” – mettendo in secondo piano le altre forme di investimento, con la conseguenza di generare una vera e propria, colossale bolla speculativa.
Così le manifestazioni pro Europa un risultato immediato lo stanno ottenendo, è costituito dall’impennata dei titoli azionari delle principali imprese di armi europee in grado di registrare record e di riorganizzarsi rapidamente. Non è un caso che la Borsa tedesca sia trascinata da Rheinmetall, quella italiana da Leonardo, quella francese da Thales e quella inglese da Bae Systems.
Rheinmetall e Leonardo hanno annunciato una joint venture, e la loro forte crescita azionaria trascina con sé quella delle banche come Unicredit, che hanno legami stretti con quel tipo di industrie. A rinfocolare simili aspettative si aggiunge a ReArm Europe la decisione della Commissione di indirizzare i fondi di vari programmi europei alla corsa agli armamenti, mettendo insieme subito una dote di 144 miliardi di euro. A ciò possono contribuire le politiche della Bce che si è espressa a favore del Piano di riarmo, con riduzione dei tassi al 2,65% e soprattutto con la chiara indicazione che il Pil, stimato per il 2025 a meno dell’1%, possa crescere solo con la riconversione armata.
L’Europa è in guerra, vuole un’economia di guerra che distruggerà il sistema produttivo, violenterà i sistemi di welfare e coltiverà odi nazionalistici capaci di distruggere il senso di convivenza collettiva.
(9 marzo 2025)