Il 29 gennaio scorso è stata raggiunta, nella notte di una lunga giornata di trattativa, l’intesa sulla parte economica del rinnovo del Contratto collettivo nazionale Edilizia dell’industria e della cooperazione. Il contratto interessa oltre un milione di addetti.

L’aumento salariale al secondo livello (operaio qualificato) è pari a 210,60 euro, diviso in tre tranche: 93,60 euro dal 1° febbraio e altre due tranche da 58,50 euro ciascuna dal 1° marzo 2026 e dal 1° marzo 2027, con un recupero inflattivo dell’11% e un aumento sui minimi del 18%, e avrà decorrenza dal 1° febbraio 2025 con scadenza il 30 giugno 2028.

La piattaforma rivendicativa, presentata a giugno del 2024, aveva fin da subito messo al centro della trattativa, allora ancora da avviare, la questione salariale. Dal tema dell’equità redistributiva a quello degli esiti negativi relativi alla domanda interna sui consumi, con dati oggettivi che evidenziavano, e continuano a evidenziare, come il nostro paese tra il 2013 e il 2023 abbia visto erodere il potere di acquisto delle retribuzioni lorde con una diminuzione del 4,5%, mentre nelle altre maggiori economie europee è cresciuto a tassi compresi tra l’1,1% della Francia e il 5,7% della Germania.

Nello specifico del settore, l’edilizia negli ultimi anni ha visto una crescita significativa, guidata da tre principali fattori: Bonus e Superbonus, Pnrr, rigenerazione urbana. Fattori che hanno generato una crescente domanda di manodopera, in particolare specializzata. Tuttavia la carenza di personale qualificato e i fenomeni di demansionamento hanno portato, oltre che a un dumping salariale, anche ad un aumento degli incidenti sul lavoro, spesso anche mortali.

Adesso, archiviata la parte economica, c’è l’impegno di concludere entro il 28 febbraio sui temi normativi. Infatti, nonostante l’importante risultato ottenuto con l’accordo sulla parte economica, restano aperte alcune questioni fondamentali che dovranno essere affrontate nei prossimi incontri con le controparti.

Tra queste: trasferta nazionale e straordinari, nuove regole per garantire equità e trasparenza nei compensi; sorveglianza sanitaria, con l’obiettivo di porre miglioramenti nelle tutele per la salute e la sicurezza dei lavoratori; contrasto al lavoro irregolare, creando misure contrattuali più stringenti per combattere il lavoro nero e garantire condizioni dignitose; semplificazione amministrativa, andando verso una riduzione della burocrazia per una gestione più snella ed efficace del settore; catalogo formativo nazionale per una maggiore e riconosciuta professionalità nel settore, con l’auspicio di arrivare a condividere la necessità di creare una “commissione di classificazione”.

L’intesa raggiunta, subordinata alla firma dei testi relativi alla parte normativa, conferma il valore delle relazioni industriali del settore, ribadendo la centralità del Ccnl nella sua funzione redistributiva.

Un’ultima riflessione, di carattere più confederale, riguarda la domanda che emerge da ogni trattativa di rinnovo del contratto collettivo di ogni singolo settore, in particolare per la parte salariale. Il tema del recupero del potere di acquisto dei salari non si esaurirà con questa tornata di rinnovi. Tale valutazione prevede un impegno, appunto confederale, a mettere mano, con tutte le difficoltà del percorso, alla costruzione di un modello contrattuale volto ad uniformare i meccanismi degli aumenti salariali in modo trasversale rispetto ai vari settori produttivi.

Una sfida, l’ennesima per la Cgil, nella quale ci dovremo cimentare nel prossimo futuro, a tutela dei lavoratori e delle lavoratrici che rappresentiamo. Confidando che la nostra mobilitazione per raggiungere il quorum e far vincere i 5 Sì nei prossimi referendum rafforzi l’unità del mondo del lavoro, e migliori a nostro favore i rapporti di forza verso le controparti padronali.