Il 20 gennaio scorso, con la dichiarazione di ammissibilità dei quattro quesiti abrogativi proposti dalla Cgil da parte della Corte Costituzionale, si è aperta ufficialmente una intensa stagione di mobilitazione per il futuro del nostro Paese. Il positivo risultato ottenuto di fronte al giudice costituzionale, che ha messo il sigillo sull’impegnativo iter per la proposizione di questa nuova prospettiva referendaria, premia gli sforzi che la nostra organizzazione ha profuso nel 2024, a partire dalla attenta selezione e predisposizione dei quesiti da parte della Consulta giuridica, passando per l’impegnativa raccolta delle numerosissime firme a sostegno dei quattro referendum, sino ad arrivare al vaglio della Corte di Cassazione che ha aperto le porte al successo di fronte alla Consulta.

E’ inutile nasconderlo, rimane un poco di amaro in bocca per la bocciatura, da parte della Corte Costituzionale, del quesito riguardante l’autonomia differenziata; un risultato che delude le legittime aspettative di tutti noi e che, a parere di chi scrive, non trova delle valide giustificazioni, anche solo dalla lettura del comunicato della Consulta, dal quale emerge la volontà di mantenere in piedi la struttura portante della legge Calderoli sottraendola all’abrogazione da parte del corpo elettorale. Con la assai poco convincente spiegazione secondo cui, in sostanza, l’abrogazione dell’obbrobrio leghista avrebbe significato l’automatica messa in discussione dell’articolo 116 della Costituzione.

Ma, tant’è, occorre farsene una ragione. Il che, ovviamente, non vuol dire rinunciare alla battaglia che deve essere mantenuta viva, in Parlamento e nel Paese, contro una legge che appare l’esempio lampante di come si possa disgregare l’Italia aumentando le già intollerabili diseguaglianze e ingiustizie che sono davanti agli occhi di tutti.

Una battaglia che deve continuare su più fronti, con l’aiuto determinante di quella parte di società civile che si è condensata nel progetto de “La via maestra”, a partire naturalmente dai referendum della Cgil (e da quello proposto per il dimezzamento dei requisiti per ottenere la cittadinanza italiana), dalla presentazione di uno o più disegni di legge di iniziativa popolare che ridisegnino, in continuità con la nostra Carta dei diritti del 2016, un diritto del lavoro costituzionalmente orientato e, infine, attraverso la selezione di un vasto ed efficace contenzioso.

Insomma, la Cgil come motore che dia la spinta per un vero rinnovamento, in radice, della nostra società, a partire dai bisogni delle persone. Ed è proprio dalle persone in carne ed ossa che, da qui a quando si svolgeranno le operazioni referendarie, occorrerà rivolgere tutta la nostra appassionata energia, affinché le buone ragioni che sostengono i quesiti possano essere comprese dando vita ad un vero e proprio moto popolare democratico.

Si tratta, in sostanza, di avere la capacità di far comprendere (anche con un massiccio ed efficace utilizzo dei social) quanto i nostri referendum possano realmente cambiare la vita delle persone. E allora, partendo dai due referendum sui licenziamenti, non sarà difficile spiegare quanto sia ingiusto non essere reintegrato nel posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo, anche collettivo, solo in ragione del fatto di essere stati assunti dopo il 7 marzo 2015. Oppure far comprendere ad un lavoratore di una piccola impresa che il suo datore di lavoro, pur avendo un fatturato milionario, può monetizzare il suo ingiusto licenziamento con un misero indennizzo di sei mensilità, anche se ha un importante carico familiare ed un mutuo da pagare.

Per non parlare, poi, di quanto possa essere frustrante condurre una vita da lavoratore precario in ragione del susseguirsi di tutta una serie di contratti a termine senza una ragione giustificatrice. E se poi dovesse capitare un infortunio, come potrebbe il lavoratore essere risarcito pienamente dal datore di lavoro responsabile perché non ha i soldi, e per ottenerlo dovrebbe richiederlo a chi ha commissionato i lavori in appalto o in subappalto a cascata?

Solo con quattro Sì all’abrogazione di queste leggi sarà possibile ridare dignità ad un lavoro che ormai da troppo tempo è sempre meno valore fondante della nostra Repubblica.