In un clima di speranza e cauto ottimismo, ha avuto un buon successo la Conferenza internazionale “Libertà per Öcalan. Una soluzione politica per la questione curda”, organizzata dall’Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia (Uiki) l’11 e 12 aprile scorsi, presso il Centro Congressi Frentani di Roma, sostenuta anche dallo Spi Cgil, ringraziato dagli organizzatori.

Vi hanno preso parte centinaia di attivisti e militanti – moltissime donne, molti giovani – italiani ed europei, ma anche da altri paesi del mondo, in collegamento, se non fisicamente, da Argentina, Mali, Sudafrica, Messico, Filippine, solo per citarne alcuni.

“Negli ultimi anni, insieme abbiamo compiuto passi importanti nella costruzione di reti internazionali di solidarietà in tutta Europa e oltre, organizzando azioni, scrivendo lettere alle istituzioni chiave e portando davvero questo tema alla ribalta della politica internazionale e dell’opinione pubblica” – hanno scritto gli organizzatori nella lettera di convocazione.

Roma non è stata scelta a caso. E’ la città dove Öcalan avrebbe potuto tessere il suo piano di pace già 27 anni fa, se un “governo vigliacco” – come Giovanni Russo Spena ha definito quello allora presieduto da D’Alema – non avesse ceduto alle pressioni di Bill Clinton rifiutandosi di concedere asilo ad Apo, poi catturato e consegnato ai turchi che da allora lo detengono in isolamento nell’isola-prigione di Imrali.

Ma Roma è anche la città della lunga mobilitazione per i diritti di Öcalan e dei curdi, di Piazza Kurdistan e di un’indimenticabile amico di quel popolo come Dino Frisullo, così come l’Italia è anche il paese del martire Lorenzo Orsetti, il cui papà Alessandro è intervenuto ancora con parole di speranza.

“Grazie a tutti i vostri sforzi, siamo riusciti in parte a raggiungere i nostri obiettivi. Dal 23 dicembre, ci sono stati diversi incontri con Abdullah Öcalan, nei quali egli ha sottolineato la soluzione della questione curda”, hanno ricordato gli organizzatori. E la Conferenza – della cui ricchezza e appassionata partecipazione è impossibile dare conto in maniera esaustiva – si è centrata sul messaggio rivoluzionario e pacifista culminato nell’appello di Imrali dello scorso 27 febbraio, e sul percorso possibile per una soluzione politica alla secolare questione curda, fondamentale nel tragico contesto del Medio Oriente, squassato dal genocidio del popolo palestinese e dagli altri fronti di guerra praticati da Israele e dalla Turchia.

Dal suo inizio nell’ottobre 2023, la campagna per la liberazione di Öcalan è riuscita a riunire sindacati (a Roma sono intervenuti tra gli altri il responsabile internazionale della Cgil, Salvatore Marra, e Simon Dubbins del sindacato inglese Unite), movimenti sociali, avvocati, giuristi, partiti politici (hanno parlato, tra gli altri, Fratoianni di Sinistra Italiana, Acerbo del Prc, Fernandes di France Insoumise, politici norvegesi e islandesi, oltre a deputati di Dem in Turchia), artisti, intellettuali, attivisti, premi Nobel e milioni di curdi, costruendo reti di solidarietà a livello locale e internazionale.

Grazie a questo sforzo collettivo, la pressione sullo Stato turco e sulle istituzioni internazionali ha creato le condizioni per ricominciare gli incontri con Öcalan, che tuttavia continua a trovarsi in isolamento, alleviato solo parzialmente. La questione curda rimane centrale in Medio Oriente – è stato il tema di fondo della Conferenza – e la sua risoluzione pacifica è cruciale per la pace e la stabilità dell’intera regione.

Nonostante le enormi difficoltà, affidandosi al paradigma del Confederalismo Democratico ideato da Öcalan, i popoli del Rojava stanno dimostrando una straordinaria capacità di costruire una società inclusiva basata su principi di democrazia, uguaglianza di genere e giustizia sociale e ambientale. Con la caduta del regime di Assad, questa esperienza potrebbe essere un modello positivo per la nuova Siria – come ha sottolineato nel suo vibrante intervento la compagna Fouza Alyoussef – ma è in pericolo, minacciata dalle politiche oppressive del regime turco, dai continui attacchi dei suoi mercenari e dal governo del Hts, per certi versi più pericoloso delle originarie formazioni quaediste proprio perché arrivato al potere grazie al sostegno turco e israeliano, e legittimato dai governi europei e occidentali.

Anche in Turchia le speranze sono inestricabilmente legate alle preoccupazioni. Già dieci anni fa – dopo i colloqui del 2013-15 e i primi passi istituzionali compiuti in Turchia – il processo di pace fallì per l’indisponibilità di Erdogan e una nuova repressione politica e militare dei territori curdi. Oggi non ci sono ancora atti espliciti da parte del governo dell’Akp, mentre tutte le altre forze politiche, anche gli alleati più a destra di Erdogan, si sono dichiarate interessate alle proposte di Öcalan. Ma il regime ha scatenato la repressione giudiziaria nei confronti del sindaco di Istambul e leader del Chp Ekrem İmamoğlu.

Serve dunque una forte continuità della mobilitazione internazionale.

(La dichiarazione finale: http://uikionlus.org/dichiarazione-finale-della-conferenza-per-la-liberta-di-ocalan-leuropa-faccia-pressione-sulla-turchia/)